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L’ARTICOLO Emergenza, le scuole e le lezioni a domicilio

Non è giusto far perdere l’anno scolastico agli studenti, ma chi non si impegna non va premiato

JESI, 30 marzo 2020 – Se diamo un’occhiata alla storia della cultura, è proprio vero che abbiamo avuto autori grandi e meno grandi che  hanno sostenuto questo principio: le crisi che sconvolgono l’umanità – guerre, terremoti, pestilenze, fame – sono quelle che spingono in avanti la stessa umanità perché costretta a escogitare, inventare, creare nuove vie per salvarsi in qualche modo.

Che le tragedie sociali costringano a battere anche nuove strade è ovvio, è una realtà. Ma non accetto assolutamente che per garantire il progresso siano necessarie tante sofferenze, tante irrazionalità tra popoli e tragedie naturali di immensitudini bibliche. Assolutamente no.

Questo non vuol dire, ovviamente, che di fronte al disastro, l’uomo non tenti altre vie: è costretto. Altrimenti non sarebbe intelligente. Ma tra il difendersi dalle tragedie e l’auspicarle come necessarie c’è un abisso.

Tutto questo ho premesso per dare un significato più adeguato al comportamento degli studenti di fronte all’iniziale “auspicata” interruzione delle lezioni da parte loro. Ricordate quando gridavano: “Ceriscioli dacci le vacanze!”. Speriamo che se ne siano pentiti.

E già, perché adesso di problemi per non perdere l’anno scolastico ce ne sono. Però ecco il positivo che lodo e ammiro: nel giro di pochi giorni il più degli studenti (in alcune città sono arrivati oltre il 90%) si sono adeguati con l’aiuto della tecnica e dei docenti. Fino ad arrivare i dirigenti di ciascun liceo e istituto a obbligare la presenza quotidiana nelle lezioni da remoto (in smart working) grazie ai pc, portatili o meno, e grazie ai cellulari.

Pc e cellulari che sono pane quotidiano e di assoluto dominio per qualsiasi giovane. Già in alcune scuole si faceva qualche lezione virtuale e i docenti non da oggi registrano tutto in web dando la possibilità ai genitori dei ragazzi di seguire anche quotidianamente la situazione dei figli.

Non c’è chi non veda il vantaggio che ricevono oggi tutti gli studenti e gli stessi docenti dall’obbligo di apprendere o di insegnare a domicilio.

Problemi ce ne sono soprattutto perché, per intuibili motivi, gli studenti non possono stare insieme e lavorare con un solo pc per venire incontro a chi non lo ha. È un problema legato, come sempre, ai poveri. E non so come sia stato risolto.

La costrizione a familiarizzare con il lavoro da remoto è un grande vantaggio per tutti gli studenti. Altrettanto hanno fatto, con una forte accelerazione rispetto al passato, banche, enti pubblici e privati, commercialisti ecc.

Un beneficio per tutti che rimarrà anche per l’avvenire e che ci ha spinto a non rimanere noi italiani così lontani dalla graduatoria delle nazioni che ormai coprono con oltre il 50% il lavoro a domicilio (c’è chi arriva all’80% come l’Islanda e poco meno l’Irlanda).

Non entro nei problemi nuovi di rete, bande larghe e nuove piattaforme, ma, per rimanere in tema, esprimo il parere che l’anno scolastico non debba concludersi con il sei politico: sarebbe grave e letale perché incoraggerebbe la pigrizia degli studenti.

Chi non segue le lezioni web per uno o più giorni, senza la dovuta giustificazione, deve essere considerato assente ingiustificato.

Poiché sarà difficile la ripresa delle lezioni prima di giugno (tutti ce lo auguriamo ma il virus è spaventoso!), se è vero che non è giusto far perdere l’anno scolastico agli alunni, è anche giusto che chi non si è impegnato con le lezioni da remoto, non debba essere premiato.

Vittorio Massaccesi

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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