Segui QdM Notizie

Attualità

L’ARTICOLO Si fa silenzio il rumore umano non quello della vita

Emergenza sanitaria: non potendo uscire basta mettere un piede sul balcone di casa

JESI, 5 aprile 2020 – «Il silenzio non è tacere né mettere a tacere, è un invito, è stare in compagnia di qualcosa di tenero e avvolgente, dove tutto è già stato detto. Il silenzio sorride. Caro silenzio, aiutami a non parlare di te, aiutami ad abitarti. Addestrami. Disarmami. Tu mi insegni a parlare. Eccomi, mi lascio rapire… Il silenzio semina. Le parole raccolgono. Il silenzio è cosa viva». (Chandra Livia Candiani)

Caro silenzio, aiutami ad abitarti… Abitiamo la casa come sempre ma, in questo periodo di clausura forzata, può capitare che le nostre quattro mura siano rumorose se non assordanti: tv accesa per seguire l’andamento dell’emergenza, elettrodomestici mai così in azione come adesso perché, pur di far qualcosa, abbiamo pulito tutti gli angoli della casa, anche i più nascosti e dimenticati, e mai tante WhatsAppate in videochiamata per sentirci vicini, non perdere il contatto con i nostri amici e sentire la voce dei nostri cari.

Abituati all’immersione costante nei suoni e nei rumori della vita attiva dei giorni ante-virus, abbiamo replicato la situazione sonora anche in casa forse credendo che questo potesse ridarci un senso di normalità. Ciononostante, non potendo uscire, basta mettere un piede sul balcone di casa. Sì, è bastato una mattina mettere un piede sul balcone.

Non ci sono rumori, niente clacson insistenti né rombi di motori, neppure in lontananza, nessun vocìo né tanto meno grida allegre di bimbi. Silenzio, solo silenzio. Eppure non si è fermato tutto. Un trillo intermittente proviene dall’albero del giardino accanto, e poi un altro, più melodioso, e un altro ancora. Sembra un canone scritto sulla partitura dell’aria.

E allora il mio orecchio si fa più attento. È lontano ma quello che sento è un miagolio di gatto.

E se ascolto bene posso sentir frusciare i voli in picchiata della gazza bianconera e quelli veloci delle tortore, loro possono volare lecitamente in coppia e posarsi sul tetto di fronte l’una accanto all’altra a minima distanza.

L’udito porta a consapevolezza anche i miei occhi: un minuscolo fiore viola buca il verde dell’orto del mio vicino, il miagolio di prima si è materializzato sotto il mio balcone e sul geranio bianco ai miei piedi si è posata una farfalla dello stesso colore.

Forse abbiamo perso la magia delle piccole cose, il miracolo della natura che non chiede ma si offre. Forse è un grido impercettibile ma potente che ci risveglia, che ci implora al rispetto e alla premura. Non posso fare a meno di pensare in questa mattinata tiepida di marzo che se tutta l’attività dell’uomo è ferma, la vita in se stessa non lo è e non ha bisogno di me per essere generata. Posso solo curarla e custodirla. Abbiamo disimparato a «contemplare la meraviglia che è l’esistenza e a rallegraci di poterlo fare» (Ted Chiang).

In questo lungo momento sospeso si fa silenzio il rumore umano, non quello della vita. Ha ragione Chandra: «Il silenzio semina. Le parole raccolgono. Il silenzio è cosa viva».

Sto a casa.
Unico spostamento
un passo sul balcone.
Un tiepido raggio di sole
una farfalla bianca
un trillo lanciato di un passero
una gemma sul ramo
il ventaglio di petali timidi
di una primula.
Non è che poi
io sia così indispensabile
all’esserci della vita.
La statua d’oro
vede i suoi piedi d’argilla
sgretolarsi.
Un bagno benefico
nell’humus.

Cristiana Filipponi

(foto Francesco Pirani)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

News