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L’ARTICOLO Un futuro da affrontare con un nuovo senso della vita

Le riflessioni di Maria Teresa Chechile sul tragico anno che ci siamo lasciati alle spalle

Il 2020 ci ha immerso in una tragedia immane. Una tremenda emergenza sanitaria mondiale, che ci ha visti e che ancora ci vedrà, per un periodo più o meno lungo, stravolti in molti aspetti di un vivere che davamo per scontato o assodato, trascinandoci nel 2021 tra problemi vecchi e nuove incognite. Un anno segnato dal suo straordinario coinvolgimento e sconvolgimento, non solo nei corpi ma anche dell’anima e che per tanti e tanti aspetti resterà una lezione di vita che forse dovremo ancora apprendere sino in fondo.

Maria Teresa Chechile

Non titubate a fare la vaccinazione, che è partita proprio come forte segnale da noi sanitari. A tutela della salute di tutti. Io mi sono vaccinata il 6 gennaio, giorno della Befana: in quell’attimo è passato innanzi a me un anno nero ma ricco di speranza. Ho provato una sensazione di liberazione che mi accompagnerà fino alla seconda dose che farò tra 20 giorni. Questo è stato ed è “un piccolo passo ma una grande conquista per l’umanità“.

Resta sempre e comunque da perseguire la migliore strada, fatta di speranze e di attenzioni a quelle problematiche sanitarie, sociali ed economiche di un divenire sempre in fermento e che, attraverso il Covid, ha scoperchiato e messo a nudo tutte le fragilità umane e tutte le sue contraddizioni.

Ma anche la riscoperta di quelle condizioni di appartenenza, di coesione, di senso comune nell’intento di non smettere mai di credere nelle potenzialità di essere “umani” rivalutando ogni giorno il senso del dovere e del rispetto verso il nostro stesso genere.

Ed è su questo palco della vita che siamo chiamati, ognuno per il proprio ruolo, competenze e conoscenze, a divulgare e a mettere in scena la migliore parte di noi.

Attraversando questo inusuale e inconsueto anno che non avremmo mai immaginato passare, abbiamo imparato quanto ci pesa la mancanza di un abbraccio per la necessità di rimanere distanti. Abbiamo imparato a sostituire la parola “vicini” con “lontani”. A quel distanziamento fisico ne è seguito anche uno sociale, portando via con sé volti e storie in ogni forma ed espressività.

Dietro le maschere di protezione talvolta nascondiamo emozioni e altre volte le mettiamo in mostra. Occhi che hanno parlato più delle stesse parole e gesti che hanno detto più di quel che il pensiero è riuscito a esprimere. Mi piace allora tornare al più profondo dei pensieri: da questa esperienza impariamo l’arte dell’amore.

Così avremo nuove visuali dalle quali affacciarci, e non solo dai balconi. Nuovi canti da intonare e non solo per esorcizzare, e nuovi occhi con i quali proiettarci in un futuro da accogliere. Occhi che rivedremo non solo in quelli conosciuti dei tanti operatori sanitari. Avremo sorrisi da donare e non solo immaginati sotto visiere rigide e fredde. Nuovi giorni si susseguiranno, tra la scienza e le nostre coscienze, e si affacceranno a scandire altro tempo ancora dietro maschere, apparentemente neutre, ma pronte a rivelarci quel qualcosa di più: una prospettive di vita.

Mi piace pensare che in tutto questo ci sarà sempre da regalare un nuovo umanesimo. Sebbene l’anno sia tra i più tragici degli ultimi cento, è necessario continuare a non arrendersi per il genere umano e la nostra stessa sopravvivenza. Avremo così dato risposta a quel nostro senso e significato dell’esserci.

Maria Teresa Chechile

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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