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L’era dell’ira Mio, tutto e subito: la frustrazione, questa sconosciuta

I comportamenti violenti che osserviamo nella nostra società provengono da un’aggressività latente generata dal mancato appagamento di desideri e di volontà

Il termine frustrazione deriva dall’avverbio latino frustra, “invano”, e designa la condizione di tensione psichica determinata da un mancato od ostacolato appagamento di un bisogno

Molteplici sono le cause che la possono innescare, la mancanza o la diminuzione di una ricompensa, lo stato di impotenza nei confronti di eventi imposti da altri, il fallimento, cioè la percezione di non essere stati in grado di affrontare e risolvere situazioni, la competizione sociale. 

Ciò che conta è la reazione di fronte ad essa: costruttiva, se attivata può stimolare la creatività e muovere l’ingegno per trovare nuove soluzioni, oppure tollerante, se si mantiene un sereno distacco anziché soffermarsi sulla propria sconfitta. Il comportamento però più frequente secondo la maggior parte degli psicologi è l’aggressività (velata o manifesta). 

La frustrazione si compone di due elementi: da un lato abbiamo i desideri e le volontà soggettive, dall’altro abbiamo gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di tali desideri e volontà. Va sottolineato che un certo grado di frustrazione è sempre presente nell’essere umano, altrimenti non sarebbe in grado di vivere socialmente nei rapporti interpersonali con gli altri individui e la società in cui si colloca.

«La frustrazione diviene patologica quando lo scarto tra desideri e volontà da un lato e ostacoli dall’altro raggiunge un’ampiezza considerevole», come afferma Edoardo Martinelli. 

Dalle aggressioni verbali e fisiche contro i docenti, sia da parte degli adulti che dei ragazzi, alle molestie tra vicini, insulti e litigi violenti nel traffico, fino alla piaga che non accenna a guarire della violenza sulle donne e dei femminicidi, il binomio frustrazione-aggressività, qui e non solo, trova la sua foce.

Nello scarto desiderio / bisogno e realizzazione /soddisfazione, l’ostacolo porta con sé tutta l’angoscia della nostra finitezza con cui non sappiamo fare i conti e va eliminato con ogni mezzo.

Allora potrebbe essere utile educarci, ed educare fin da subito, ai no che la vita irrimediabilmente nel suo corso metterà tra le ruote della nostra esistenza e fare i conti con il nostro delirio di onnipotenza. Il rispetto e la vita dell’altro non contempla il mio, tutto e subito.

Lepri o tertarughe?

«In un certo senso, ormai siamo tutti fast thinker. La nostra impazienza è così implacabile che, come ha osservato la spiritosa autrice/attrice Carrie Fisher, persino “la gratificazione immediata richiede troppo tempo”.

Questo spiega in parte la frustrazione cronica che ribolle appena sotto la superficie della vita attuale.

«Qualunque cosa o persona ci ostacoli, ci rallenti, ci impedisca di ottenere quello che vogliamo quando lo vogliamo diventa il nemico», scrive Carl Honoré nella sua opera “E vinse la tartaruga”.

«L’inconveniente più banale, il ritardo più insignificante, il minimo accenno di lentezza possono così provocare una collera incontenibile in individui altrimenti normali. […] Ecco dove conduce l’ossessione di andare a spron battuto e risparmiare tempo. All’ira sulle strade, all’ira in aereo, all’ira nei negozi, all’ira nelle relazioni interpersonali, all’ira in ufficio, all’ira in vacanza, all’ira in palestra. Grazie alla velocità viviamo nell’era dell’ira».

Lo sdegno e l’indignazione di fronte alle situazioni di cronaca, purtroppo a volte con esiti irreparabili, non bastano. Di fronte all’accelerazione della tecnica, del cambiamento sociale e del ritmo della vita, occorre davvero riappropriarsi di spazi di calma, lentezza e continuità: porsi domande, riflettere, riprendersi la connessione con se stessi, scegliere chi vogliamo essere, se lepre o tartaruga. E soprattutto provare a educare a farlo. I bambini e i ragazzi non sono esenti dalla corsa e possono non farcela ad arrivare al traguardo.

Magari salmoni

Potremmo fare come i salmoni: risalire controcorrente le acque agitate e rese torbide dall’aggressività e dall’ira, depositare altre parole e altri atteggiamenti, fecondando gentilezza, rispetto, comprensione, calma e fiducia in attesa della schiusa.

Cristiana Filipponi

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