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LETTERE&OPINIONI “BASTA UN SÌ PER ESSERE TUTTI PIÙ BELLI, FELICI E PIENI DI SALUTE?”

JESI, 1 dicembre 2016 – Dell’ormai infinito dibattito sulla Riforma costituzionale su cui saremo chiamati a pronunciarci domenica prossima, mi ha interessato in modo particolare il richiamo continuo, quasi ossessivo, dei più importanti esponenti del nostro governo alle benefiche ricadute di un esito positivo del Referendum sul nostro Sistema Sanitario Nazionale. Siccome la salute è argomento che coinvolge inevitabilmente ognuno di noi, da semplice cittadino vorrei proporre alcune riflessioni sul tema, confidando nella disponibilità di questa redazione per lo spazio che vorrà concedermi. La ministra della Sanità Beatrice Lorenzin è impegnata in un tour de force attraverso tutta la penisola in sostegno del “Sì” al referendum costituzionale di domenica prossima. E questo ovviamente è un suo pieno diritto. Il problema è che passa da un ospedale all’altro, da una Asl all’altra e, davanti a medici e dirigenti in genere ossequienti e sbalorditi, snocciola il suo rosario.
Se passa il “Sì”: i malati oncologici potranno accedere facilmente alle terapie; i cittadini con il diabete avranno velocemente a disposizione tutte le cure; si ridurranno, o addirittura scompariranno, le liste di attesa ecc. ecc. ecc. Ma forse prima di riformarla bisognerebbe almeno leggerla, la Costituzione. Di certo bisognerebbe leggerla prima di lanciarsi in affermazioni che toccano la sofferenza più vera, quella legata alla malattia. E allora si scoprirebbe che «Il fine vero del nuovo Titolo V è negare l’art 32 della Costituzione. Il diritto alla salute per questo governo è finanziariamente insostenibile per cui non può che essere ridimensionato». La forma di governo è il modello organizzativo assunto dallo Stato per esercitare il potere sovrano. La novità del Titolo V riguarda la modifica della forma di governo che, per essere compresa deve essere ricondotta al suo fine. In sanità abbiamo avuto diverse forme di governo organizzate in diversi modi per diversi fini. Nel 1978 (riforma sanitaria) il fine è la salute e la forma di governo è la gestione centrale in forma di decentramento amministrativo (il ministero è la testa, regioni e comuni le braccia e le gambe). Nel 2001 la strategia resta quella della salute ma la forma di governo viene modificata in senso federalistico-devolutivo (le regioni sono testa, braccia e gambe). Un disastro. Le regioni si rivelano enti insostenibili, non riescono a diventare veri enti di governo e vengono ridimensionate. Il nuovo Titolo V prende atto di questo fallimento e prefigura un mixer istituzionale con una super concentrazione di poteri al ministero dell’economia, una riduzione di poteri delle regioni, uno svuotamento della funzione del ministero della salute. Negando il ministero della salute e potenziando il ministero dell’economia, dalla salute si passa alla sostenibilità finanziaria. A questo punto la domanda pratica: se il potere di spesa è nelle mani del ministero dell’economia e i poteri di organizzazione e di pianificazione dei servizi restano nelle mani delle regioni, il ministero della salute che fa? Ma la domanda vera è: perché il governo vuole de-sanitarizzare la sanità riducendo il ministero della salute ad un dipartimento tecnico-scientifico? O meglio, perché ai fini del diritto alla salute non restituisce al ministero della salute i poteri necessari come una volta? Risposta: perché il fine vero del nuovo Titolo V, per ragioni di sostenibilità, è negare l’art 32 della Costituzione. Il diritto alla salute per questo governo è finanziariamente insostenibile per cui non può che essere ridimensionato. Oggi la ministra Lorenzin neanche si rende conto che votando Sì al referendum vota contro se stessa, cioè contro l’istituzione che rappresenta e di cui dovrebbe essere la prima garante, dal momento che il suo ministero fu istituito proprio per realizzare il diritto alla salute per tutti. Chi invece ha vissuto o vive quotidianamente e di persona i drammi del dolore e della sofferenza sa troppo bene che da quando Beatrice Lorenzin è ministra della Sanità:
– abbiamo avuto per la prima volta in Italia il numero chiuso nell’accesso ai farmaci nel caso dell’Epatite C, il governo di fronte ai costi stratosferici imposti dall’azienda farmaceutica si è rifiutato di ricorrere alla possibilità offerta dagli accordi internazionali sulla proprietà intellettuale e di autorizzare la produzione di farmaci generici per tutelare la salute dei propri concittadini, preferendo invece un accordo secretato con la multinazionale e limitandosi a costruire un fondo che permette di curarsi solo ad una piccola minoranza di persone affette da epatite C;
– non vi è stato ancora l’aggiornamento della lista degli ausili per i disabili, ferma da anni, nonostante i progressi della scienza siano in grado di migliorare, in alcuni casi significativamente, l’autonomia della persona con handicap o comunque non pienamente autosufficiente;
– sono state depenalizzate parti significative della legge sulla sicurezza nel mondo del lavoro;
– non è stato realizzato alcun intervento nei confronti di quelle Asl in cui il diritto all’Interruzione Volontaria di Gravidanza non è tutelato a causa dell’altissima percentuale di medici obiettori, nonostante che l’articolo 120 della Costituzione attualmente in vigore dia la possibilità al governo di intervenire quando sia in discussione “la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”; su tutto ciò la Costituzione è chiarissima. Basta applicarla. Dopo averla letta, si intende.
Vito Cantarini

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