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LETTERE&OPINIONI JESI, UNA FAMIGLIA CHIEDE AIUTO A LUCABONI: “IL NOSTRO IVANO IN OSPEDALE TRATTATO IN MODO INDECENTE”

JESI, 14 settembre 2016 – Non è la prima volta che lo faccio, ma anche in questa occasione sono qui a denunciare un caso: le foto, i nomi, mi sono stati inviati dai familiari del degente, e più che cattiva sanità sembrerebbe un caso di totale menefreghismo riguardo la persona nel bisogno.
Parliamo del morbo di Parkinson.
Il 31 agosto e il 4 settembre scorsi il signor Ivano Rinaldi, di anni 58, quindi una persona non anziana nel senso stretto della parola, arriva al pronto soccorso dell’ospedale “Carlo Urbani” di Jesi, perché non si sentiva bene. Tutte e due le volte dal pronto soccorso viene allontanato raccomandando ai familiari di recarsi da un neurologo perché loro erano del tutto impotenti nel poter agire. E così fanno i familiari.

Il 6 settembre visita neurologica, il signor Ivano era lucido e camminava da solo.
Ma la notte del 6 nuova crisi, i familiari chiamano il 118 e via di nuovo al pronto soccorso. Si ripete la medesima scena: il pronto soccorso rifiuta di ricoverare l’uomo, tanto che i familiari minacciano di chiamare le forze dell’ordine e denunciare gli operatori per omissione di soccorso.
Vista la situazione i sanitari optano per il ricovero in neurologia. Dove il signore in questione arriva in una situazione normale, era cosciente, e lì, quasi come dovesse pagare qualche scotto, è abbandonato. Viene adottata una terapia che nel giro di poche ore rende l’uomo completamente incosciente, occhi persi nel vuoto: insomma una sorta di stato di demenza, urla continue che infastidiscono.

E così gli viene chiusa anche la porta della camera. I familiari, che non lo hanno mai lasciato da solo, chiedono con insistenza spiegazioni. Niente. Finalmente il 13, una settimana dopo, viene visitato e cambiata la terapia. Le urla si calmano, ma la situazione del signor Ivano rimane di incoscienza, ha una sedia a rotelle, rotta ovviamente.

La sedia a rotelle

La sedia a rotelle

Oggi la famiglia esausta e demoralizzata dopo quanto accaduto mi chiama, pregandomi di raggiungerli al reparto di Neurologia e lì, dopo avermi raccontato i fatti con tanto di foglio scritto a mano dalla figlia, la richiesta che i familiari mi rivolgono, quasi come una preghiera, è questa:
“Faccia in modo che mai più nessuna famiglia debba passare quello che stiamo passando noi”.
Magari potessi.
Persone risolute, brava gente, onesta e lavoratrice, che ha portato in ospedale un uomo cosciente e rischiano di riportare a casa un vegetale.
Sono vergognosi tanta superficialità, incoscienza e menefreghismo.
Qualcuno ha delle responsabilità, qualcuno deve rispondere. Ed è quello che chiederanno i familiari in una prossima denuncia se le cose non miglioreranno.

Intanto Ivano è ancora in ospedale.

Massimiliano Lucaboni

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