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LIBRI “Il mio compagno di viaggio”, il pallone e le memorie di Francesco Ferri

Il calcio che non c’è più ma che può insegnare ai giovani tutti quei valori che non si debbono perdere

Francesco Ferri è stato un ottimo calciatore e un bravo allenatore. Ora, che ha affidato a un libro le sue riflessioni e le sue memorie, dimostra di essere bravo anche con la penna e con il computer. Ha dato un titolo alle 80 pagine scritte di suo pugno,

“Il mio compagno di viaggio” dove il suo compagno di avventure e di vita non poteva essere che il pallone, come ogni innamorato del calcio può immaginare. Francesco Ferri, che è originario di Collina di Santa Maria Nuova, è di poche parole ed è un tipo schivo che, talvolta, appare un po’ scontroso e invece è solo un uomo buono, generoso e molto sensibile. Durante la pandemia ha scritto il libro, raccontando il suo calcio.

«Non tanto di quello che sui giornali e nei titoloni o che va in televisione ma di quello che mi ha sempre accompagnato sin da bambino – commenta nell’introduzione –, che mi è stato accanto nelle esperienze belle, emozionanti ma anche in quelle dolorose, che ti mettono alla prova».

Il viaggio che Ferri intraprende è un viaggio a ritroso nel tempo, dove si racconta del pallone di strada, dei luoghi sacri dove si parlava di calcio: il bar e la barbieria, dei settori giovanili e dell’esordio in Prima Squadra alla Labor e anche in serie D con la Recanatese.

E poi si narra della Coppa Rimetta, in onore della mitica Rimet, della tanta gavetta fatta sui campi polverosi e poco comodi di provincia, della vittoria del Campionato italiano universitario e dell’addio al calcio giocato e l’approdo alla panchina come allenatore, delle sconfitte che fanno crescere e delle salvezze indimenticabili.

E anche le pagine particolarmente tristi, quando la vita ti mette di fronte al dolore e alle lacrime inconsolabili: la morte, avvenuta nel giro di pochi mesi, del padre Marcello, della cognata Cristina e di Andrea, fratello amatissimo, grande giornalista del Corriere Adriatico e uomo generoso e buono.

Ne “Il mio compagno di viaggio” di Francesco Ferri, che emoziona e fa tornare in mente le cose buone di una volta, che è dedicato alla madre, alla moglie Giusy, al figlio Riccardo, alla cognata Margherita, ai nipoti Silvia e Alessandro e allo zio Federico, c’è tutto questo e molto altro ancora. C’è, soprattutto, un messaggio ai giovani, ai valori che non devono perdere e che i “maestri”, i genitori, gli allenatori, gli insegnanti devono trasmettere loro: valori che non hanno tempo come il senso di responsabilità e di sacrificio, la passione, la solidarietà, la famiglia e l’amicizia, la fratellanza, l’educazione e il rispetto.

Gianluca Fenucci

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