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L’INCONTRO “Le ferite”, i 50 anni di Medici Senza Frontiere

Al Festival Adriatico Mediterraneo di Ancona proposto un libro in forma di racconti realizzato da quattordici scrittori

Basta dare un occhio al mondo di oggi e a quello appena passato per definire le guerre in ogni parte del mondo “il suicidio di una civiltà, come scriveva Zweig.

Il profumo acre di una bomba, il sibilo di una pallottola, la caduta dei simboli religiosi, sociali, anche finanziari, stanno travolgendo e stravolgendo un mondo che ha i conti aperti contro un’altra battaglia, che i Potenti della terra non hanno compreso perché “non hanno volutocomprendere (lo capisci o no che business is business?) e  che si chiama clima, siccità, un pianeta carico di storia, cultura, di meraviglie naturali alle quali prima o poi dovremo disabituarci, perché è giunto ai minimi termini.

Medici senza frontiere ha voluto festeggiare i cinquant’anni di vita sempre in prima linea fra i più “feriti” in ogni parte del mondo, proponendo un libro, realizzato da quattordici scrittori in forma di racconti, intitolato appunto “Ferite”, un omaggio all’Associazione che opera nel mondo per curare e guarire quanti ne sono afflitti nel corpo e nell’anima, “lasciando sempre e comunque una dolorosa presenza: questo il tema, interpretato dagli autori dei quattordici racconti in base alle diverse facce del dolore che nasce da ferite, siano esse state procurate o subite, profonde piaghe che nessun tempo riuscirà a cauterizzare. Un’analisi intensa che proprio nel racconto, come componimento breve, trova la migliore incisività ed espressività”. 

 L’incontro – presentazione si è tenuto domenica scorsa 22 agosto ad Ancona, nell’ambito del Festival Mediterraneo Adriatico, e di “feriteinsanabili, piccole o grandi dentro o fuori di noi, si è parlato con chi, nella sua vita, quotidianamente le affronta, le subisce, le racconta.

Ne è scaturito un film fatto di parole, con brani tratti dai racconti del libro, proposti con partecipazione e linearità da Martina Sulpizi, introdotti dalla presidente di Medici senza frontiere, Annamaria Mandese, e “girato” dal giornalista e scrittore Pierfrancesco Curzi, che collabora con Il Resto del Carlino e che, per Il fatto quotidiano, ha realizzato numerosi reportage in Paesi in cui la guerra, il genocidio, i flussi migratori sono pane quotidiano.

La questione libica, l’Afganistan di oggi e le difficoltà degli operatori, il caso Regeni (“ma come si può pensare, comunque, di procedere con un processo in contumacia che è solo un contentino, e non mi allargo, per l’Italia?” ho detto io), del caso Zaki e della non gestione dei diritti umani.

Un silenzio ha seguito Curzi, gente che vive “sul campo” quello che racconta. E che ha seguito anche la giovane cardiochirurga Federica Iezzi, che ancor prima di laurearsi decise di partire per l’Africa, come volontaria. Un’esperienza che le ha cambiato la vita, che le ha insegnato che bisogna mettere da una parte e scollarsi i limiti che ti impone il mondo.

Un brivido è passato in mezzo al pubblico quando ha raccontato la storia di una bambina, di nome Nujat, “la mia ferita più grande”.

E ci sono le ferite che nascono dal bullismo nell’ambito scolastico, punto di partenza, l’ha definito Luca Mercanti, presidente Arcigay, di “moltissimi traumi legati alla percezione di noi stessi. E poi altra ferita è il vulnus legislativo su troppi ambiti che impattano la vita di tutti i giorni della comunità Lgbt Perché non si sa più nulla del ddl Zan?”.

Ecco alcuni degli argomenti molto coinvolgenti per tutti gli uomini di buona volontà. Non ci vuole la zingara per indovinare quanto e come Medici senza frontiere (che è composta da medici, infermieri, logisti, psicologi, strumentisti, mediatori culturali, manager delle risorse umane e varia umanità) stia lavorando nel mondo, perché quando si definiscono “Indipendenti. Neutrali. Imparziali. Ogni giorno curiamo migliaia di persone in tutto il mondo colpite da conflitti, epidemie, catastrofi naturali o escluse dall’assistenza sanitaria”, c’è solo da tacere e ascoltare.

Ascoltare, affinché il silenzio non diventi padrone

Giovanni Filosa   

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