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MACERATA TRIONFO PER “CAVALLERIA RUSTICANA” E “PAGLIACCI”

MACERATA – Sono state le opere “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni e “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo a rendere magico lo Sferisterio la sera del 24 luglio. Questo singolare abbinamento di opere, il cui iniziatore fu lo stesso Mascagni che nel 1926 al Teatro Alla Scala di Milano diresse entrambe le opere nella stessa serata, ha riscosso un enorme successo ed ha commosso tutta l’arena. “Cavalleria Rusticana” è un’opera in un unico atto, rappresentata per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratta dalla novella omonima di Giovanni Verga, maestro indiscusso del verismo italiano. “Pagliacci” invece è divisa in due atti, andata in scena per la prima volta al Teatro del Verme di Milano il 21 maggio 1892, su libretto dello stesso Leoncavallo.
La serata del 24 luglio allo Sferisterio si è aperta con il capolavoro assoluto di Mascagni. La storia, come si evincerà dalla trama, narra di tradimenti amorosi. Ci troviamo in un paesino siciliano di fine ‘800. E’ il mattino del giorno di Pasqua: il giovane Turiddu (Rafael Davila) giura il suo amore a Lola (Elisabetta Martorana) prima di partire per il servizio militare. Un anno più tardi, al suo rientro, scopre però che Lola si è sposata con il carrettiere Alfio (Alberto Gazale). Per Turiddu è un duro colpo, visto che l’ama ancora. Decide quindi, per vendicarsi dell’affronto subito e per superare il difficile momento, di corteggiare la giovane Santuzza (Anna Pirozzi), ma dopo averla sedotta inizia a trascurarla, dato che passa il suo tempo ad aggirarsi intorno all’abitazione di Alfio, che è andato al lavoro, con la speranza di incontrare Lola. Santuzza è addolorata e preoccupata e cerca Turiddu per avere spiegazioni sul suo atteggiamento. Si reca addirittura da Lucia (Chiara Fracasso), madre di Turiddu, e le racconta tutto, dai suoi sentimenti per il figlio al distacco di lui. Arriva Turiddu e fra i due giovani scoppia un’accessa lite, alla quale assiste anche Lola che si reca in chiesa per la Santa Messa di Pasqua: Turiddu la segue, non ascoltando più Santuzza. Santuzza, offesa, decide di vendicarsi e, come vede passare Alfio, gli rivela che la moglie gli è infedele. Una volta finita la messa, Turiddu offre da bere agli amici presso l’osteria della madre. Offre un bicchiere anche ad Alfio: quest’ultimo però lo rifiuta e, nel gesto di abbracciarlo, gli morde l’orecchio, sfidandolo così a un duello mortale. Prima di recarsi alla sfida, Turiddu va dalla madre Lucia e la prega di aver cura di Santuzza. L’epilogo del duello è rappresentato da delle grida di una popolana che urla: “Hanno ammazzato compare Turiddu!”. Dopo una pausa di circa venti minuti, gli spettatori si sono immersi in un’altra storia travagliata e tormentata dall’amore, basata su fatti realmente accaduti. La rappresentazione inizia a sipario calato con Tonio (Marco Caria) che, nei panni di Taddeo, si presenta come Prologo, fungendo da portavoce e riportando i principi informatori e la poetica dell’opera. La compagnia di Canio (Rafael Davila) è giunta in un paesino in provincia di Cosenza, Montalto Uffugo. Canio non sospetta che la moglie Nedda (Anna Pirozzi) lo tradisca con Silvio (Giorgio Caoduro), un contadino del luogo. Tonio, poiché è innamorato anch’egli di Nedda ma è da lei respinto, rivela volutamente a Canio il tradimento della moglie. Canio quindi sorprende i due amanti mentre si giurano amore eterno, ma Silvio fugge senza che Canio lo veda in volto. Egli vuole spiegazioni dalla moglie, chiedendole il nome del suo amante, ma lei non glielo vuole rivelare: arriva uno degli attori a sollecitare Canio e Nedda ad andare in scena. Canio, turbato, non può fare altro che truccarsi e prepararsi per la commedia. Questi, nel ruolo di Pagliaccio, impersona un marito tradito dalla moglie Colombina, interpretata da Nedda. Realtà e finzione finiscono col confondersi e Canio, nascondendosi dietro il suo personaggio, riprende il discorso interrotto precedentemente e le manifesta il suo sdegno. Di nuovo di fronte al rifiuto di lei di dire il nome del suo amante, Canio uccide Nedda e ferisce Silvio, intervenuto per soccorrerla. Inorriditi, Tonio e Beppe (Pietro Adaini) non intervengono, ma gli spettatori, comprendendo troppo tardi che lo spettacolo non è più finzione, cercano invano di fermare Canio. A delitto compiuto, Canio esclama beffardo e compiaciuto: “La commedia è finita!”.
La scenografia di Madeleine Boyd, trattandosi sostanzialmente di una pedana con delle grate e due scalinate, è stata la stessa per ambedue le opere, anche se in “Pagliacci” è stato aggiunto anche un piccolo carrettino, nel quale è avvenuto il “fatale” spettacolo. Gli interpreti sono stati tutti eccellenti, sia per doti recitative che canore. Un plauso particolare va poi all’orchestra, magistralmente diretta da Christopher Franklin. In conclusione quindi, la serata di venerdì 24 luglio allo Sferisterio di Macerata è stata più che positiva, poiché ha portato in scena due opere che hanno emozionato molto e continuano ad emozionare tanto.
(Alessandro Bonvini)

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