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MARCHE Popolo della Famiglia risponde alle manifestazioni pro diritto all’aborto

La replica del coordinatore Marche dopo la protesta delle donne contro la posizione espressa dalla Giunta regionale

ANCONA, 10 gennaio 2021 – Chi rivendica diritti, dovrebbe essere il primo a rispettare quelli degli altri. A nome del Popolo della Famiglia, non posso fare a meno di replicare ad alcune affermazioni fatte alle varie manifestazioni.

Si continua voler far passare l’aborto come un diritto all’autodeterminazione, quando la stessa legge 194 specifica chiaramente che è consentito solo ed esclusivamente in determinate condizioni (dunque non è così libero come si vorrebbe far credere). Mi chiedo se chi sostiene questa cosa lo faccia inconsapevolmente, cioè senza aver mai nemmeno letto la 194, o peggio, travisi volutamente quanto definito dalla legge.

Di certo c’è che comunque vengono utilizzati due pesi e due misure, abitudine tipicamente appartenente ai regimi totalitari: si rivendica la libertà della donna di esistere e si nasconde sotto il tappeto la libertà di esistere dei bimbi (e anche delle bimbe, che non diventeranno mai donne di cui difendere i diritti) portati in grembo, si rivendica la libertà di scelta sul proprio corpo fregandosene altamente del corpo del più debole, il bambino, quello che non può  scegliere e deve solo subire la decisione di altri.

Non solo, contestando e contrastando l’idea di potenziare i consultori in nome di un (presunto) diritto  della donna ad abortire, inevitabilmente si calpesta il diritto delle donne che vorrebbero evitarlo ma si trovano nelle condizioni di doverlo fare per forza. Potenziare i consultori darebbe il diritto (oltretutto previsto per legge) a quelle donne di vedere rimosse le cause che le costringono all’aborto. Infine, si definisce violenza l‘obiezione di coscienza perché impedirebbe, secondo la visione degli abortisti, la libertà di scelta ma non si esita ad esercitare la stessa violenza sui sanitari, pretendendo che venga eliminata quella loro di libertà di scelta. Libertà, tra l’altro, che la legge stessa gli garantisce.

Parliamo poi della Ru486 che non necessita più di ricovero ospedaliero. Come si può ritenere una vittoria il lasciare le donne abortire in piena solitudine, senza assistenza medica e psicologica (che solo in ospedale possono essere assicurate) dopo aver assunto una pillola potenzialmente dannosa per loro e letale per il loro bambino? Pillola che toglie loro anche il diritto al ripensamento, che l‘aborto chirurgico perlomeno garantisce fino all’ultimo minuto anche in sala operatoria.

Un ‘ultima domanda, che pongo sempre ai paladini e paladine dei diritti: le donne che a causa della loro condizione economicamente disagiata sono costrette a mettere a rischio la loro salute, vendendo gli ovuli a ricche coppie, dopo essere state bombardate di ormoni; le donne  che, per i medesimi motivi, sono costrette ad affittare il proprio utero alle stesse ricche coppie, per la pratica dell’utero in affitto, come mai non rientrano mai nelle loro battaglie per la libertà? Forse i loro diritti non contano?.

Fabio Sebastianelli

Coordinatore Popolo della Famiglia Marche

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