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Cronaca

Jesi Per un Natale ricco di preghiera e di gesti di pura gratuità -VIDEO

Il messaggio del vescovo Gerardo, la guerra, l’alluvione, il terremoto, i femminicidi, la corruzione: è ora di mettersi in silenzio

Buon Natale, carissimi. E quando diciamo Buon Natale intendiamo fare un augurio di serenità e pace. Eppure vediamo che non è così. Quest’anno è un Natale di guerra.

È vero che le guerre nel mondo sono tante, ma ce n’è una che ci martella continuamente. La vediamo nelle sue atrocità, la vediamo per i risvolti a livello mondiale, la vediamo in tutti quei morti che produce.

E ci colpisce il fatto che sembra non concludersi. Noi, poco esperti, forse addirittura ingenui, pensavamo che una guerra così rischiosa per il mondo intero sarebbe durata poco. Ma non è stato così e non si vede ancora luce. Finché si parla che per finire bisogna non tanto trovare una mediazione, ma annientare, almeno militarmente, l’avversario, la guerra non può finire. E allora con un peso così grande nel cuore, quale Buon Natale possiamo augurarci?

Per non parlare, poi, delle cose gravi di casa nostra: Senigallia tartassata prima dall’inondazione e poi dal terremoto, Ischia pure con i suoi morti, i femminicidi, le uccisioni per vendetta, la corruzione… come è duro dirci Buon Natale, il Signore è nato, il Signore è presente. C’è sempre il timore di sentirci dire: Ma Dio dov’è? La domanda dei Magi assume un suono nuovo che ne sa di beffa: Dov’è nato il Re che è stato preannunciato? (cfr. Mt 2,2).

Io credo che a questo punto bisogna mettersi in silenzio, in preghiera, in una supplica e gridare: Vieni Signore,Gesù, il mondo non può più fare a meno di te. Se tu squarciassi i cieli e scendessi

È così, carissimi. C’è un momento in cui bisogna prendere coscienza che la fatica, l’impegno, l’operosità, pur sempre necessari, non bastano più. C’è un momento in cui bisogna chiedere aiuto, bisogna pregare.

Per favore, non obiettiamo subito che in questa maniera ci si deresponsabilizza. Non è così: bisogna prendere atto della nostra precarietà, della nostra piccolezza e fragilità, del nostro egoismo e del nostro limite. Bisogna chiedere aiuto, bisogna chiedere il dono dello Spirito Santo che il Padre vuole donare, bisogna ricordarsi quanto Gesù dice: Senza di me non potete fare nulla (Gv 15,5).

È ora che la nostra tristezza si tramuti in consapevolezza e riflessione per evitare, dice Gesù, che accada come ai tempi di Noè: mangiavano, bevevano, prendevano moglie e prendevano marito e non si accorgevano che inesorabilmente ci si avvicinava alla catastrofe (cfr. Lc 17,26).

È questo il primo messaggio di Natale che voglio offrire: ritorniamo alla preghiera, nelle case, nei gruppi ecclesiali. Una preghiera intensa perché il Signore che viene, che viene sempre, manifesti segni forti della sua presenza e del suo Regno che è sicuramente in mezzo a noi.

Infatti, nonostante la fatica che stiamo vivendo abbiamo la certezza che il Signore agisce. La nostra distrazione, però, non ci permette di accorgersi dell’azione umile di Dio, per cui scegliamo di vincere le nostre paure soffocandole con il chiasso e con le luci artificiali.

Io sono convinto che è necessario percorrere un’altra strada. C’è bisogno di tanto silenzio e anche di “penombra” per accorgersi di Dio che vuole camminare al nostro fianco. C’è bisogno di rientrare in se stessi, andare nella profondità del cuore, là dove Dio parla e tutti, anche senza studio, possono avvertire e comprendere.

Vorrei tentare di leggere alcuni dei tanti segni che Dio offre per indicarci che Lui agisce.

Il primo segno che Dio agisce e accompagna i suoi figli è la nostra Chiesa italiana che si è posta in “Cammino sinodale”. In questo cammino più che mai il Signore ci chiede silenzio, ascolto, preghiera per ritornare a capirlo, per permettere allo Spirito Santo di illuminarci e guidarci, per condurci su scelte coerenti con il Vangelo, per ascoltare il grido degli uomini, quello dei poveri ben diverso dal grido del mondo che tenta di portare intorbidamento.

Il secondo segno che riconosco è dato dal fatto che vedo alcuni giovani che si sposano. Cosa c’è di particolare? Da sempre ci si sposa. No, oggi non è così scontato sposare, sposare nella semplicità, sposare nella sobrietà, sposare senza rumore, sposare nella consapevolezza di rispondere a una grande vocazione, sposare nell’impegno di fare della famiglia “la chiesa domestica”, sposare nella piena consapevolezza del “per sempre” , sposare nella volontà di servire la vita, sposare nella scelta di essere dono e di essere la via dell’amore di Dio.

Un terzo segno della presenza del regno di Dio lo vedo in coloro che servono i fratelli nel nascondimento, nell’umiltà, senza che nessuno se ne accorga, senza che nessuno li intervisti. Mi riferisco a chi, nella invisibilità va a servire alla Caritas di domenica, a chi va ad assistere malati gravi, a chi, senza titoli accademici, ma facendo parlare solo il cuore, ascolta tante ore al giorno giovani e non giovani…

Ho scelto tre esempi delle tante situazioni che dicono che il Regno di Dio è presente. Ora si tratta di riconoscere questi segni della presenza di Dio. Ma per vederli bisogna imparare a pregare, bisogna imparare a rifiutare il chiasso: anzi, questi segni, se sono autentici, si manifestano sempre nella preghiera, nell’umiltà, nella penombra. E ci donano sicura speranza.

E il Papa a questo proposito nella Esortazione Apostolica “La gioia del Vangelo” ci ricorda: Il Regno di Dio è già presente nel mondo, e si sta sviluppando qui e là, in diversi modi… Ma noi non sempre vediamo questi germogli… Ma chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo (cfr. Gv 15,5). Tale fecondità non può essere contabilizzata. Ma ognuno deve sapere che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. Ognuno può avere la sicurezza che non va perduta nessuna delle sue opere svolte con amore, non va perduta nessuna delle sue sincere preoccupazioni per gli altri, non va perduto nessun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, non va perduta nessuna dolorosa pazienza (cfr. E.G. 278-279).

Tutto questo perché Gesù è presente e il Regno di Dio agisce là dove si agisce nella carità umile e possibilmente nascosta.

Ecco perché affidarsi alla preghiera non è “deresponsabilizzarsi”. Perché chi prega è capace di porre segni di amore, segni umili e nascosti, ma di autentica gratuità, proprio perché umili e nascosti, che il Signore valorizzerà. E forse saranno propri queste persone “piccole” quelle che costruiranno la pace là dove i grandi del mondo sanno solo alimentare ancora guerre e divisioni.

Buon Natale carissimi, un Natale sereno, fiducioso, silenzioso, in penombra, ma ricco di preghiera e di gesti di pura gratuità, segno che Dio agisce anche oggi.

+ Gerardo Rocconi, Vescovo

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