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Castelbellino “Viscere”, il racconto teatrale di terra e di lotta a Cabernardi

Portato in scena da Luca Malinverni al Centro culturale polivalente di Castelbellino Stazione, ultimo degli eventi organizzati dall’Amministrazione comunale in collaborazione con l’associazione Ánemos odv di Jesi

Castelbellino – «Questo racconto è un canto che nasce dalle viscere della terra. E’ il canto di un mondo scomparso ma mai dimenticato. Una comunità nata dalla terra profonda, cancellata dall’economia e calpestata dal mercato».

Con queste parole inizia il racconto teatrale “Viscere”, di Luca Malinverni, portato in scena sabato 4 novembre al Centro culturale polivalente di Castelbellino Stazione, ultimo degli eventi organizzati dall‘Amministrazione comunale in collaborazione con l’associazione Ánemos odv di Jesi.

«Ho cercato di cucire i racconti ascoltati dai figli e dai nipoti con il materiale d’archivio giornalistico affascinante – spiega l’autore -, la storia delle miniere di zolfo nel cuore delle Marche, del mondo che avevano generato e della loro scomparsa. Un’intera comunità di lavoratori era stata generata, sviluppata in 50 anni e in meno di 5 completamente cancellata, umiliata e costretta ad emigrare».

Cristina Corsini associazione Ànemos Jesi, Serena Cavalletti, Marco Monina, Luca Malinverni

Le musiche originali composte ed eseguite da Serena Cavalletti al violino e da Marco Monina alla chitarra classica, hanno dettato il ritmo del racconto e reso la narrazione teatrale intensa ed emozionante.

La storia

Nel 1952 l’azienda mineraria Montecatini annuncia il licenziamento di 860 operai a causa del graduale esaurimento del minerale solfifero nel bacino di Cabernardi. In risposta a questa decisione, il 28 maggio 1952 più di 300 operai occupano le miniere di Cabernardi e Vallotica. Alcuni rimasero nelle gallerie sotterranee, a oltre 500 metri di profondità, i sepolti vivi, mentre altri si fermarono nei cantieri all’esterno.

Di fondamentale sostegno ai minatori furono non solo i compagni di sciopero all’esterno delle miniere, ma anche la popolazione e le autorità civili e religiose. Ma sopra ogni cosa furono le loro donne, mogli, madri, figlie e sorelle, disposte a fare molti chilometri al giorno per portare ai loro uomini cibo e parole di incoraggiamento a resistere. La lotta continuò per 40 giorni. Dopo lunghe trattative con la Montecatini e ormai stremati, il 5 luglio i minatori decisero di tornare in superficie.

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Nel maggio 1959 la miniera viene chiusa definitivamente. Cento operai vengono posti in pensione, mentre più di trecento vengono trasferiti negli stabilimenti di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, il villaggio dei marchigiani, in Toscana, Sicilia e Trentino. Alcuni operai migrarono anche in Belgio. La chiusura della miniera segna la fine di un’era e l’economia della zona si sposta verso altre attività.

Per saperne di più

Associazione culturale “La miniera” Onlus – via Contrada Nuova, 1 frazione Cabernardi Sassoferrato (An) – tel. 333 323 96 93 – www.minieracabernardi.it

Cristiana Filipponi

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