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Jesi Alberto Manzi, l’insegnamento come missione e ricerca

Splendido spettacolo al Teatro Pergolesi sulla storia di un maestro che avremmo voluto avere e che vorremmo per i nostri figli

Jesi – «Chi perde la capacità di stupirsi è un uomo interiormente morto. Chi considera tutto un dejà vu e non riesce a stupirsi di niente ha perso la cosa più preziosa, l’amore per la vita».

Le parole di un grande giornalista, Ryszard Kapuscinski fanno riflettere e consentono di capire a quale famiglia di educatori e maestri appartiene Alberto Manzi, il maestro degli italiani, che condusse in Rai negli anni ’60 la fortunata trasmissione “Non è mai troppo tardi”, che portò l’insegnamento scolastico ai milioni di italiani che non sapevano né leggere né scrivere e che grazie alle sue lezioni a distanza conseguirono la licenza elementare.

Marco Continanza e Massimiliano Di Corato, con una splendida prova attoriale, hanno portato in scena al Teatro Pergolesi, “Alberto Manzi. Storia di un maestro”, uno spettacolo della Compagnia Tib Teatro, su un testo e per la regia di Daniela Nicosia, proposto nell’ambito del percorso teatrale “Young Adult” che attraversa le varie stagioni organizzate dal Teatro Giovani Teatro Pirata.

La pièce teatrale ha il merito di evidenziare la figura, l’opera e i principi di quello che è il maestro che tutti noi avremmo voluto avere, il maestro che vorremmo avere per i nostri figli, un maestro proiettato sempre verso nuovi progetti, verso la ricerca, verso l’esplorazione e il futuro. Un insegnante che sapeva stimolare e incuriosire con ironia e leggerezza.

Alberto Manzi nacque a Roma il 3 novembre 1924, da Ettore, tramviere, e Maria, casalinga. Studiò all’istituto nautico, sognando di fare il capitano di lungo corso e si laureò prima in biologia e poi in filosofia e pedagogia con il prof. Volpicelli che lo vorrà come suo assistente al Magistero di Roma nel 1953, un’esperienza che abbandonerà presto, preferendo la scuola elementare.

Nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma fece la prima esperienza come educatore: insegna a 90 ragazzi tra i 9 e i 17 anni, alcuni dei quali analfabeti. L’ambiente è durissimo tanto che 4 insegnanti prima di lui rinunciarono all’incarico eppure lui riesce a conquistare tutti.

Lo spettacolo si dipana con il continuo confronto tra il maestro, interpretato da Marco Continanza e il suo allievo Mollica, interpretato da Massimiliano Di Corato, un piccolo pregiudicato, ladro soprattutto per fame. Attraverso il loro continuo rapporto e il cambiamento che man mano avvertiamo in Mollica veniamo a conoscere il metodo di insegnamento di Manzi, basato soprattutto sul rispetto del bambino, sulla sperimentazione, sull’educare al piacere del pensiero, al trasmetterlo attraverso l’interrogarsi sulle cose.

Una delle sue battaglie più radicali fu quella contro il voto e celebre è il suo timbro, in sostituzione della cifra numerica del voto, “Fa quel che può, quel che non può, non fa” che gli causò sospensioni dall’insegnamento e reprimende pubbliche.

“Alberto Manzi. Storia di un maestro” invita a riflettere sul fatto che insegnare sia una vera e propria missione, in cui il maestro resta una figura fondamentale della società democratica, che deve tendere, come insegna la nostra Costituzione, a offrire a ognuno gli stessi diritti e possibilità. Lo spettacolo, bello, coinvolgente, mai banale e mai retorico, si chiude con la lettera scritta da Alberto Manzi nel 1976 ai suoi alunni.

«Abbiamo camminato insieme per 5 anni, per 5 anni abbiamo cercato insieme di godere la vita e per goderla abbiamo cercato di conoscerla, di scoprirne alcuni segreti…abbiamo cercato di vivere insieme nel modo più felice possibile…Abbiamo vissuto insieme cinque anni sereni (anche quando borbottavamo) e per cinque anni ci siamo sentiti sangue dello stesso sangue. Ora dobbiamo salutarci. Spero abbiate capito quel che ho cercato sempre di farvi comprendere: non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad esser voi stessi. Ora le nostre strade si dividono. Io riprendo il mio consueto viottolo pieno di gioie e di tante mortificazioni, di parole e di fatti… Voi proseguite e la vostra strada è ampia, immensa, luminosa. Ricordatevi che mai nessuno potrà bloccarvi se voi non lo volete, nessuno potrà mai distruggervi, se voi non volete. Perciò avanti serenamente, allegramente, con quel macinino del vostro cervello sempre in funzione; con l’affetto verso tutte le cose e gli animali e le genti; con onestà, onestà, onestà, onestà, e ancora onestà, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo, e voi dovete ridarla; e intelligenza, e ancora intelligenza, e sempre intelligenza, il che significa prepararsi, il che significa riuscire sempre a comprendere, il che significa sempre riuscire ad amare, e… amore, amore».

«Se vi posso dare un comando, eccolo: questo io voglio. Realizzate tutto ciò, ed io sarò sempre in voi, con voi. E ricordatevi: io rimango qui, al solito posto. Ma se qualcuno, qualcosa, vorrà distruggere la vostra libertà, la vostra generosità, la vostra intelligenza, io sono qui, pronto a lottare con voi, pronto a riprendere il cammino insieme, perché voi siete parte di me, e io di voi».

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