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Cronaca

Monte San Vito «La missione per padre Matteo era la vita vera»

La morte del 42enne missionario in Costa d’Avorio, il ricordo della sorella Francesca e del vescovo di Jesi, Gerardo Rocconi

Monte San VitoPadre Matteo ora è dove c’è più luce, lui che amava il calore e il colore dell’Africa e della Costa d’Avorio.

Quell’angolo di continente pieno di povertà e contraddizioni era la sua casa: amava quel popolo, si prendeva cura di tutti, soprattutto delle persone fragili, dei bambini, dei malati. Giovedì, verso le 15, mentre si stava recando a San Pedro, la città dove c’è una sede della delegazione dei Missionari della Consolata, confraternita di cui padre Matteo Pettinari era attualmente superiore delegato in Costa d’Avorio, lo schianto terrificante tra l’auto che guidava il sacerdote e un autobus, vicino la città di Niakara.

«Mi aveva chiamato alle 14.13 – dice distrutta dal dolore la sorella Francesca, insegnante al Liceo Classico di Jesi – e io non avevo risposto perché ero impegnata. Mi aveva lasciato un messaggio audio su whatsapp dove mi confermava che era in viaggio e che aveva piacere di scambiare qualche parola e qualche riflessione con me. Mi sento quasi in colpa di non avergli risposto ma certo, come si può immaginare che possa accadere tutto questo?».

La morte del 42enne missionario originario di Chiaravalle e che ha la famiglia a Borghetto di Monte San Vito, ha destato enorme impressione nelle comunità del territorio.

Il vescovo di Senigallia, Franco Manenti, non trova né la forza né le parole per commentare quanto accaduto e ricordare il giovane sacerdote della sua diocesi.

Monsignor Gerardo Rocconi, vescovo di Jesi, invece, regala pensieri dolci per ricordare Padre Matteo Pettinari.

«Lo ricordo da bambino, quando ero il parroco di Santa Maria in Castagnola a Chiaravalle – dice -, poi quando si è trasferito a Monte San Vito e nei tempi in cui iniziava il suo percorso vocazionale. Con il vescovo Orlandoni, che era molto vicino ai missionari, parlavamo spesso di Padre Matteo e lui aveva parole di grande stima e di apprezzamento. Non lo ho mai perduto di vista anche se poi abbiamo percorso strade diverse: sono sempre stato vicino alla sua famiglia».

«Se devo descriverlo con due aggettivi dico che era una persona generosa ed entusiasta che si spendeva per gli altri in modo totale e lo faceva con entusiasmo non certo con sacrificio. Era più del senso del dovere, era la gioia di poter lavorare per il Signore e degli altri. Anche l’ultima volta che l’ho visto, in occasione della morte della mamma Roberta tre anni fa, Padre Matteo era quello che avevo lasciato: la Costa d’Avorio non lo aveva cambiato anzi lo aveva arricchito e gli aveva donato ancora più coraggio, più entusiasmo. La missione ce l’aveva nel sangue – conclude Rocconi – per lui quella era la vita vera».

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