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Rosora Onsur Italia, dieci anni di solidarietà

Il presidente Ahmad Amer Dachan: «Dalla parte di chi soffre, sempre, contro ogni guerra, contro il terrorismo di ogni matrice, contro il male nel mondo: quanto abbiamo imparato, quanto abbiamo pianto, quanto abbiamo riso»

di Nicoletta Paciarotti

Rosora, 13 ottobre 2022L’associazione Onsur Italia con sede a Rosora compie dieci anni dalla sua fondazione, «dieci anni di solidarietà».

Il presidente Ahmad Amer Dachan (foto in primo piano) tiene a sottolineare che l’associazione è «dalla parte di chi soffre, sempre, contro ogni guerra, contro il terrorismo di ogni matrice, contro il male del mondo. Grazie Italia, grazie amici e amiche».

 «Un decennio che ci ha portato a questi risultati: migliaia di persone aiutate, scuole, ospedali, punti medici, campi profughi, orfanotrofi, ospizi, senza distinguere sesso, razza, colore».

«Sono state 27 le missioni umanitarie, 104 ambulanze, decine e decine di container carichi di aiuti umanitari, migliaia di pacchi alimentari, migliaia di pacchi contenenti medicine, materiale sanitario. E poi poltrone odontoiatriche, ecografi, incubatrici, apparecchiature mediche, tende, vestiti, scarpe, coperte, materiale scolastico, giochi».

«In Siria 16 missioni, 8 al confine turco-siriano, 3 missioni in Ucraina, interventi di sostegno alla popolazione nel terremoto di Amatrice e prima in Emilia. Gli ultimi in ordine cronologico qualche settimana fa nell’alluvione che ha colpito la provincia di Ancona».

Chi avete aiutato?

«In primis gli orfani, gli sfollati, le donne e i bambini, gli anziani, gli ammalati e chi ha perso ogni cosa per colpa di una maledetta guerra. Il tutto tramite l’appoggio di associazioni riconosciute a livello mondiale, certificate e controllate. E sempre comprovato da documentazione fotografica e video, tutto pubblicato sempre sui social, e da documentazione contabile e rendiconti annuali come da legge».

Ci sono stati momenti di rischio?

«Sì, abbiamo rischiato. Rischiato la vita, in ogni missione dentro la Siria e in Ucraina, per colpa dei missili, dei rapimenti, dei terroristi, e degli infiltrati».

Come vi muovete? Come operate?

«Come abbiamo lavorato? Sempre con massima attenzione, comunicando ogni volta alle autorità competenti in Italia e all’estero, le nostre missioni e i contenuti dei nostri carichi. Non abbiamo mai abbassato la guardia, talvolta passando un po’ per pignoli, ma non potevamo permettercelo. Abbiamo fatto decine e decine di eventi in cui mostravamo cosa facevamo e come lo facevamo».

Perché continuate a farlo?

«Perché siamo tutti operatori umanitari che vogliono aiutare il prossimo, perché siamo contro la guerra, perché siamo i primi a condannare, contrastare e rifiutare in ogni modo il terrorismo e il fondamentalismo di qualsiasi matrice. Perché siamo umani, e ogni essere umano ha il diritto di vivere in pace senza che un missile lanciato dal mare o da terra ti caschi in testa quando sei in fila per il pane o a casa a dormire o a scuola, o un maledetto kamikaze si faccia esplodere in un mercato».

«Soprattutto per quello che ci resta. Il più grande insegnamento del mondo: far bene al prossimo ti fa stare bene con te stesso. Non ci siamo girati dall’altra parte. Abbiamo chiesto la protezione a Dio ogni volta e ci siamo fatti coraggio, e siamo andati avanti».

«Non dimenticheremo mai il sorriso di tutti i bambini, i pianti delle mamme, i racconti pieni di tragedia, il sorriso dei volontari, la fatica, la gioia immensa di aver potuto fare, anche se un minimo. Quanto abbiamo imparato, quanto abbiamo pianto, quanto abbiamo riso».

«Ma c’è chi ha perso tutto per colpa di Assad e i suoi alleati, i terroristi, le milizie, gli aerei russi. E noi l’unica guerra che potevamo vincere è quella della solidarietà, dove le nostre armi erano la voglia di aiutare, le medicine, il cibo, la voglia di trasmettere la verità che è la prima vittima della guerra».

«Ci abbiamo messo la faccia, siamo invecchiati tantissimo, abbiamo combattuto contro dicerie e falsità, abbiamo rimesso soldi e salute. Ma niente è andato perso. Il tutto orgogliosamente con la bandiera italiana in braccio e sulle nostre pettorine, ma soprattutto nel nostro cuore».

«Grazie popolo italiano per tutto quello che avete donato, per lo sforzo dei volontari, per le preghiere. Grazie a chi ha creduto in noi. Grazie di non esservi girati dall’altra parte».

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