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CINGOLI No alle maschere a scuola per Carnevale, la protesta dei genitori

Carnevale

Un gruppo di madri e padri i cui figli frequentano la primaria di Grottaccia ha espresso la propria delusione in una lettera alla dirigente scolastica

CINGOLI, 1 febbraio 2021 – Scoppia la polemica tra i genitori e l’Istituto Comprensivo “Enrico Mestica” di Cingoli riguardo i festeggiamenti del Carnevale a scuola. Un gruppo di mamme e papà del plesso di Grottaccia, infatti, ha scritto una lettera alla dirigente scolastica prof.ssa Emanuela Tarascio, poiché contrari alla decisione del corpo docente di non far mascherare i bambini della scuola primaria.

In una riunione tra i docenti e la preside, infatti, la maggior parte delle insegnanti si sarebbe detta contraria a far venire a scuola i bambini della primaria con i classici travestimenti carnevaleschi nella giornata di martedì 16 febbraio, organizzando comunque attività divertenti in ottemperanza con il Regolamento Covid.

Il gruppo di alcuni genitori di tutte le classi, dalla prima alla quinta, del plesso di Grottaccia, ha deciso di interpellare direttamente la dirigente scolastica per esprimere tutta la propria delusione.

«Cara preside, – si legge nella missiva – a scriverle è un gruppo di genitori delusi e dispiaciuti a causa della decisione presa dalla scuola in merito al festeggiamento del Carnevale nelle scuole primarie del Comune. Nessuno avrebbe mai preteso di vedere approvati festeggiamenti incompatibili con le vigenti norme anti-contagio da Covid-19, ma apprendere che la maggioranza dei docenti dei vari plessi si è espressa in maniera contraria alla possibilità di permettere ai nostri bambini di recarsi a scuola il giorno di Carnevale per svolgere regolare attività didattica indossando la propria maschera ci lascia quanto meno perplessi».

«Da un rapido confronto con alcuni insegnanti – continua la lettera – si evince una mancanza di reali motivazioni che giustificherebbero tale decisione: indossare un vestito carnevalesco al posto del canonico grembiule, svolgendo attività statiche come in una qualsiasi altra giornata scolastica come potrebbe essere una trasgressione al vigente regolamento d’istitutoIn che modo e in che misura esporrebbe gli alunni a un più elevato rischio di contagio e gli insegnanti a un più alto livello di responsabilità? Ci teniamo a precisare che le perplessità esposte in questa lettera non sono condivise dalla totalità dei genitori dei bambini in questione; per alcuni, infatti, la decisione dei docenti prima, e della scuola poi, è più che giustificata, in quanto i più piccoli andrebbero educati allo spirito di sacrificio».

Secondo i genitori, dunque, il travestimento sarebbe una sorta di “ritorno alla normalità”. 

«Ci sentiamo di rispondere – si legge ancora – che nessuno più di loro è stato penalizzato da questa situazione che li ha visti privarsi del proprio tempo libero, dello sport, dei pomeriggi con gli amici; che li ha costretti a recarsi a scuola come soldatini, a tenere per ore una mascherina sul viso che non lascia intravedere nessuna espressione o emozione; che ha tolto loro la ricreazione, la sana attività motoria… Beh, in questo panorama tutto fuorché idilliaco, permettere loro di recarsi a scuola mascherati il giorno di Carnevale, restando però sempre e comunque seduti, sarebbe stato l’ennesimo sacrificio, ma togliergli del tutto anche questa possibilità è invece una cattiveria gratuita nei confronti di un gruppo di piccole persone che hanno mostrato fin dal principio uno spirito di adattamento e di rigore verso le nuove regole sorprendente e dal quale noi tutti dovremmo prendere esempio».

«Solamente per suddetto motivo – conclude la lettera – questi bambini andrebbero premiati e prendere coscienza del fatto che coloro che più dovrebbero mostrare empatia nei loro confronti non abbiano preso tutto ciò in considerazione, come potrebbe lasciarci indifferenti? Certo che, come finora i nostri splendidi figli hanno accettato qualsiasi tipo di regola venisse loro proposta, lo faranno anche stavolta con la solita maturità che li contraddistingue, ma noi in quanto genitori ci sentiamo di non poter accettare passivamente tale decisione e di dover dare voce ai loro diritti. E sì, parliamo di diritti perché la normalità è ormai un’utopia, ma concedergli almeno una parvenza di essa è assolutamente un loro diritto, nonché un nostro obbligo, così come lo è educarli sì allo spirito di sacrificio, ma anche al pensiero critico, perché solo grazie a esso potranno discernere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto e di tutto questo la scuola dovrebbe essere garante, non mostrarsi contraria. Certi della sua solita cordialità e spirito critico, siamo fiduciosi nel fatto che valuterà le nostre parole in maniera costruttiva e non distruttiva».

Giacomo Grasselli

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