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Cronaca

Jesi Franco Iantosca ancora in camice bianco, all’ospedale di Camerino

All’età di 74 anni il noto medico napoletano-jesino in pensione ha dato la disponibilità a una collaborazione coordinata e continuativa all’Unità operativa di medicina interna

Jesi – Chi conosce il dottor Franco Iantosca di Jesi – medico che è stato talvolta accostato, per la sua irascibilità, suscettibilità e la voglia di prendere sempre a pugni il mondo pur non avendo i bicipiti di Braccio di ferro e neppure il tatuaggio al braccio con l’ancora, simbolo di salvezza ma anche dell’abbordaggio per far trionfare il bene sul male – lo pensava lontano a godersi la sua adorata pensione, scrivere altre nuove poesie e tifare Napoli, come deve sempre fare un napoletano verace come lui, che – raccontano – sembra si sia perso per Forcella durante i festeggiamenti per lo scudetto. Poi lo hanno ritrovato e riconsegnato ai suoi familiari.  

Invece no, cari amici. Oggi ha ripreso la sua divisa, il suo camice da medico e a 74 anni ha dato la disponibilità a una collaborazione coordinata e continuativa all’Unità operativa di medicina interna dell’ospedale di Camerino.

Dottore, ma chi gliel’ha fatto fare di riprendere le sudate carte?

«Mi è stato chiesto, dalla dottoressa Anna Maria Schimizzi, direttore della medicina interna dell’ospedale camerte, se avessi potuto dare una mano in un momento come quello che attualmente sta passando la Sanità pubblica e che evidenzia la cronicità della carenza di camici bianchi, e io come potevo dirle di no?».

«Primo per la professionalità, la stima e l’amicizia con la dottoressa Schimizzi, secondo perché, e tu lo sai, io non mi tiro mai indietro in momenti come questo. Se qualcuno mi chiede aiuto, se posso mi metto a disposizione al cento per cento. Ho sempre fatto volontariato girando, quando serviva la mia presenza, il mondo. A novembre probabilmente ritornerò in Etiopia, e la cosa mi renderà felice, con una spedizione di Frati Cappuccini di San Severino».

«Negli anni sono stato in Bielorussia, in Iraq durante la guerra, ho servito la comunità con la Croce Rossa durante i mesi più difficili del post terremoto e con la Caritas. Non mi tiro indietro e do tutto quello che mi sento di dare. Oltre al fatto che quando un medico ha fatto il famoso giuramento, sempre e per sempre medico rimane. Ovvio che non lo faccio per mettermi in mostra ma questo, e poi non dico più nulla, è un mio messaggio personale sulla Sanità per l’assessore regionale Saltamartini».

Solo una mezza risposta quando gli pongo la domanda se ha mai avuto paura, in teatri di guerra dove si spara sul serio, di essere colpito. 

«No, perché sparavano ad altezza d’uomo».

Eccolo lì, ha sempre sofferto la sindrome del mancato centro, una volta pivot, nel basket. Però ci scherza come un bambino. Gli faccio notare che il suo camice, come si vede dalle foto, è un po’ abbondante. Mi risponde, laconico, di aver chiesto di procuragliene uno nuovo adatto per lui.

«Gli ho detto che io mi servo di solito da Benetton 0-12, lì possono trovare di tutto per me».

Fino al 31 ottobre a Camerino, integrato nel corpo medico, al “Carlo Urbani” di Jesi responsabile del reparto di gastroenterologia ed endoscopia digestiva per anni: poi cosa farai?

«Proseguirò con il mio impegno per ridare alla Sanità la dimensione che merita, che mi coinvolgerà perché dalla mia città, Jesi, alla regione intera, si possa ridare al medico quella dignità e professionalità che sembra aver perso lungo una strada che non si sa dove potrà portare».  

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