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Cronaca

Jesi Massimo Clementi: «La pandemia? Non era prevedibile niente» – VIDEO

Massimo clementi

Il noto virologo del San Raffaele di Milano: «Si parla sempre di considerazioni a posteriori», il 4 aprile conferenza di approfondimento organizzata dal Rotary Club Jesi

di Giovanni Filosa

Jesi, 13 marzo 2023 Colpe e accuse, politica in fermento come un frullatore, la scienza che non è riuscita ad approfondire, o secondo qualcuno l’ha fatto male, quello che è stato l’ingresso trionfale nel nostro Paese del Covid19.

Tre anni fa.

Negli ultimi giorni le pistole mai a salve di chi dice “vai avanti tu” e poi si nasconde dietro l’ombra del dubbio che ha istillato nel popolo credulone, si sono spianate, sono apparsi i primi wanted, con ritratto annesso, nelle teche e testate, tik tok, feisbuc, e tanti applausi a chi ha fatto la fatidica domanda: “Chi deve pagare il conto dei morti da Bergamo in poi? Chi ha nascosto? Chi ha fatto fare al Paese la parte del pirla nel firmamento delle stelle della scienza?”. Come si sarà visto, piano piano certe accuse sono state derubricate, personaggi prima schifati e poi addirittura neanche più nominati nella parte della lavagna in cui stanno scritti i cattivi. Ma approfondire è ovviamente necessario

Abbiamo rivisto a Jesi il professor Massimo Clementi, virologo al San Raffaele di Milano, che ha vissuto da vicino tutto, proprio tutto quello che è successo intorno alla scienza e alla ricerca affannosa di un vaccino contro il Covid19. 

«La mia posizione è stata, inizialmente, di sorpresa. Dopo aver superato diverse fasi di questa infezione, la pandemia ci ha sconcertato nel modo di espandersi e con essa l’entità e la velocità di propagazione del virus, con la sua capacità di mutare nel tempo (ricordi la variante omicron e la sua rapidità di mutazione quasi da un giorno all’altro?). La scienza ma anche le autorità sanitarie hanno affrontato di volta in volta aspetti diversi, non solo in Italia. Chiaramente alcune cose oggi possono essere discutibili e a posteriori possiamo fare una serie di rilievi. Io stesso ne ho fatti alcuni al primo “comitato tecnico scientifico”, non mi sembrava armonico nella sua composizione, però si parla sempre di considerazioni a posteriori, su cui non mi sembra il caso di imbastire processi. Perché l’epidemia si è affrontata con gli strumenti che avevamo a disposizione».

«Vero, si sarebbe potuta fare una zona rossa in più, forse una in meno, c’è chi critica i lockdown. Ci sono Paesi che non li hanno neppure applicati e altri che invece li hanno fatti in maniera estremamente rigorosa. Certamente il fatto che in una zona specifica ci siano state molte migliaia di morti, colpisce in maniera negativa e ci si chiede se alcune scelte siano state giuste o meno. Non era prevedibile niente, questo resti chiaro. Ricordo bene quando affrontammo, molto da lontano, la prima epidemia di Sars, quella in cui fu coinvolto il caro amico professor Carlo Urbani, che fu di entità, proporzioni e modo di svilupparsi assolutamente differenti».

Per approfondire l’argomento, il Rotary Club Jesi, con il suo presidente Floro Flori e il patrocinio del Comune di Jesi, organizza il 4 aprile prossimo alle ore 17.30 presso la Sala Maggiore del Palazzo dei Convegni, una conferenza dal titolo “Go back to?” i cui relatori saranno Guido Silvestri e Massimo Clementi impegnati da sempre nella medicina d’avanguardia, coadiuvati da Giancarlo Passarini radiologo del Carlo Urbani di Jesi.

La pandemia ha apparentemente congelato due anni di vita, comportando uno stress test a cui tutti i settori o quasi si sono dovuti adeguare. In campo medico la gestione della emergenza ha monopolizzato la Sanità, che non ha però esaurito con il Covid-19 le sfide da affrontare.

La gestione di nuove malattie, l’importanza della ricerca, il ruolo centrale della scienza, la carenza del personale, la mancanza di risorse, gli stanziamenti che si riducono, la medicina del territorio che è in forte difficoltà, le strutture in emergenza perenne, l’impatto sull’ambiente, sono alcuni degli argomenti che verranno trattati. 

Abbiamo intervistato, di seguito, il professor Massimo Clementi.

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