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Cronaca

JESI Due anni di Covid, ospedale “Carlo Urbani”: «Incredibile impegno, non dimenticheremo mai»

Risale al 4 marzo del 2020 il primo ricovero di un paziente in terapia intensiva: «Abbiamo corso insieme al virus»

JESI, 7 marzo 2022 – Era il 4 marzo del 2020 quando ci fu il primo ricovero di un paziente Covid positivo presso la Terapia Intensiva dell’ospedale “Carlo Urbani” .

Foto da sinistra: Sonia Bacelli, Marco Candela, Anna Maria Schimizzi

«Ricovero inevitabile per l’impossibilità di centralizzazione verso gli ospedali individuati in ambito regionale – ricordano dalla struttura sanitaria jesina -. Nei giorni successivi, dal 7 al 22 marzo, per rispondere al progressivo afflusso di pazienti con patologia Covid, vennero attivati 5 reparti Covid per un totale di 100 posti letto (di cui 18 di terapia semintensiva e 15 di terapia intensiva) e 2 sedi di pronto soccorso, realtà assistenziali che hanno reso il “Carlo Urbani” la struttura Asur che ha accolto per varie settimane il maggior numero di degenti Covid positivi».

Il racconto di quei giorni è ancora fortemente impresso.

«Sembrano passati molto più di due anni per l’incredibile impegno che il “Carlo Urbani” ebbe e continuò a sostenere, ma il ricordo è sempre particolarmente vivo sia per la drammaticità del momento iniziale sia per le successive fasi pandemiche affrontate, sia perché, anche se con numeri notevolmente ridotti, la struttura rimane uno dei caposaldi a livello regionale nella lotta alla pandemia Covid. Inoltre, in aggiunta al ruolo svolto a favore dei pazienti degenti, non possono essere omesse altre attività assistenziali erogate dal “Carlo Urbani” quali l’importante contributo alla somministrazione di anticorpi monoclonali anti Covid, il monitoraggio dei pazienti affetti dal “Long Covid” eseguito presso l’Ambulatorio Integrato e, infine, il forte supporto offerto da medici ospedalieri presso gli hub vaccinali».

Nessun atto di eroismo, ma onorare il proprio dovere.

«Testimonianze, queste, di notevoli capacità di riorganizzazione, di flessibilità assistenziale, di “aver corso insieme al virus” nelle varie espressioni della pandemia. Il tutto con le più assolute isorisorse e figure professionali che hanno incessantemente lavorato per settimane, mantenendo inoltre attività Covid-free di tipo chirurgico, letti di Utic e Stroke Unit, tutta l’attività materno-infantile, nonché un reparto di degenza ordinaria e post-acuzie per pazienti medici. Nessun atto di eroismoenfatici ruoli da trincea, ma certamente il “Carlo Urbani” ha onorato il dovere richiesto dalla complessità del momento che si stava vivendo, consentendo alla struttura ospedaliera di non perdere il controllo della situazione».

L’ospedale è intitolato al medico della Sars di Castelplanio e «chiamarsi “Carlo Urbani” richiede la consapevolezza del grande onore, ma anche del grande onere, insiti nel proprio nome. In ogni fase della pandemia, il valore aggiunto emerso è risultato legato ad una riscoperta di valori comuni, ad una coesione del gruppo, ad un forte senso di appartenenza alla struttura. Come riportato nell’enorme poster affisso nella hall di ingresso dell’ospedale “non dimenticheremo mai tutto questo”».

Eleonora Dottori

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