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RITRATTI Riccardo del Man Cave: «Ho visto cose che voi umani…»

“Ritratti” è uno spazio nel quale prende forma un’intervista che non ti aspetti, con persone e personaggi che riescono ad attirare interesse

 

JESI, 10 DICEMBRE 2020 – Schietto, genuino, fuori dagli schemi: Riccardo Pierantognetti, 49 anni, jesino doc, è così, nessuna sovrastruttura, diretto, verace e il suo locale, il risto-pub Man Cave Cafè di Jesi, è proprio come lui. Sarà per questo che dal 2014 è diventato meta di ritrovo per tanti cittadini, che in via del Torrione trovano buona cucina, semplicità, musica dal vivo e iniziative artistiche di vario genere. Una tappa fissa anche per tantissimi centauri europei che qui si radunano, da qui partono per i loro spostamenti, che qui possono contare su un solido punto di riferimento. Già perché al Man Cave – oltre all’amore per la tavola – in ogni angolo si respira un’altra grande passione che unisce i suoi gestori: quella per le moto.

 

Com’è nato il Man Cave? Tu non lavoravi in questo settore, giusto?

«Per 28 anni ho lavorato come idraulico ma ho sempre avuto voglia di dedicarmi alla ristorazione. Sei anni fa è arrivata l’occasione e con i miei amici Claudio e Rocco Accursi ci siamo buttati. Volevamo un locale che non fosse come gli altri, ma che alla cucina unisse sia il contesto associativo che la particolare atmosfera di un ambiente industriale e “urban-street” legato al mondo delle motociclette».

Perché il nome “Man Cave”?

«Il Man Cave, nei paesi anglosassoni, è quel luogo dove ci si riunisce accomunati soprattutto dalla passione per le due ruote. Hai presente quei garage del nord Europa con un divano, una vecchia poltrona e un frigorifero? Spazi dove i vecchi amici parlano della modifica da fare ad un motore, si aggiornano su una gara, programmano una partenza. Si beve birra, si fanno quattro chiacchiere e si sta in compagnia».

Il vostro è uno dei pochi locali che unisce cucina e intrattenimento ma soprattutto pensato anche per gli over40.

«È vero. Fin dall’inizio abbiamo voluto puntare ad un target di clienti dai 25 anni in su, cercando di evitare i giovanissimi. Questo per offrire la possibilità di fruire al meglio delle nostre iniziative, ma anche per dare un valore aggiunto alla zona in cui ci troviamo: l’area tra piazzale San Savino, la stazione e la zona Prato non è proprio quella dei “Parioli”, ma volevamo renderla accessibile e godibile esattamente come il centro città».

Perché ci sono pochi contesti originali come il vostro? A Jesi mancano le idee?

«Non so dirti. So solo che quando siamo partiti non abbiamo studiato niente a tavolino per fare business. A differenza di tanti posti già visti e rivisti, dove fai l’aperitivo in modo “classico”, noi abbiamo scelto la strada della genuinità. La nostra forza è stata in questo: non conformarci».

Molti forse non hanno questo coraggio.

«Di solito in questo settore si tende a seguire un certo filone perché si vuole andare sul sicuro. Al Man Cave invece abbiamo fatto tutto noi, possiamo dire che lo abbiamo creato a nostra immagine e somiglianza, senza seguire nessun progetto. Sì, insomma, il nostro non era per niente un locale preconfezionato. È stato un rischio, ma abbiamo creato qualcosa che prima non c’era. Tu vieni qui da noi e non ti senti di andare al ristorante, ti senti di andare a casa di un amico».

Il locale in effetti è molto autentico, ti rispecchia molto.

«Rispecchia me e i miei soci, Claudio e Rocco, oltre a tutti gli altri dell’associazione commerciale da cui è gestito».

Parliamo di questo maledetto periodo covid: come va?

«Siamo in un momento difficile per tutti, ma noi ci siamo reinventati senza troppi piagnistei. Abbiamo ricalibrato l’accoglienza passando da un servizio serale ad uno diurno, con l’apertura dalla mattina fino alle 18 per includere pranzi veloci e aperitivi. Abbiamo un buon riscontro, perché abbiamo fidelizzato la clientela. Certo non lavoriamo a pieno regime come prima ma lamentarsi è inutile».

Sentire continue lamentele spesso è più pesante del problema.

«L’indole generale è quella di fasciarsi la testa prima di rompersela. Per carità, mi rendo conto io per primo di tutti i disagi che stiamo vivendo, ma bisogna tenere botta, stringere la cinta e andare avanti. Non si può pretendere di modificare le cose che non si possono cambiare, le polemiche di piazza servono a ben poco».

A proposito di piazza: che ne pensi dello spostamento della fontana da piazza Federico II a piazza della Repubblica?

«Anche in questo caso sento continuamente polemiche inutili. Oramai la decisione è presa, c’è poco da discutere. Certo, se fosse per me, lascerei tutto com’è, anche per non creare difficoltà generali con lavori tanto imponenti. Il problema vero è che a Jesi spesso si tende a cancellare facilmente il passato, a non salvaguardare il patrimonio storico originale. Si fa e si disfa con troppa facilità».

Torniamo alle cose leggere. Raccontami un aneddoto divertente che ti è capitato durante il lavoro.

«Guarda, stare al pubblico è esattamente come stare davanti a un palcoscenico: ne vedi di tutti i colori. Come faccio a scegliere un aneddoto? Io sono come il protagonista del film Blade Runner, potrei citarti il suo famoso monologo: “Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare!”. Ho visto e sentito di tutto, impossibile raccontare».

Dai, almeno un episodio che ti è rimasto impresso oppure una confidenza dopo un bicchiere di troppo.

«Come ci pensi? Il barista è come il parrucchiere per le donne, anzi, molto di più, è come il prete confessore! C’è il segreto professionale e non si deve divulgare niente di quanto udito in confidenza. Per cui io porterò tutto quello che mi è stato rivelato nella tomba. Al massimo posso dirti di me».

Cioè?

«Ogni tanto, quando mi chiamano per prenotare i tavoli, faccio gli scherzi, che so, col mio vocione fingo di essere la segretaria del Man Cave. La mia indole è questa: mi piace divertirmi coi clienti, strappare loro una risata, portare allegria fuori e dentro al locale».

Finiamo mantenendo il sorriso: un desiderio per il 2021.

«Che sia meno peggio del 2020, anche se so già che non lo sarà. L’importante è prendere le avversità in modo propositivo».

Magari le cose miglioreranno, non è detto.

«Guarda, se ci vogliamo raccontare le barzellette, facciamo pure. La verità è che la strada è ancora lunga e ci va messa tanta grinta».

Allora regalami una conclusione alla jesina.

«La buga è già scavada, vedemo de non cascacce dentro!».

Gioia Morici

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