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Cronaca

Jesi Percuoteva la batteria come se fosse una faccenda personale

La morte di Luciano Porcarelli: aspettavamo, ci siamo detti con lui ieri mattina, di poter ritornare a essere tutti insieme, per riproporre un concerto lungo le scalette vicino al suo laboratorio, negozio, paradiso per il mondo che gli voleva un bene bestiale

Jesi – Ho ricordato, in un post che ho scritto su facebook di getto dopo aver saputo della sua morte, che ieri mattina, domenica, scherzavo con Luciano Porcarelli, da me sempre localizzato sul navigatore del cuore alla voce “giù da Ciro e Pio” o Tutto gelato, perché eravamo fatti così, quando ci incontravamo.

E per me il gelato è sempre stato quello che creavano loro. Aspettavo una torta di compleanno, candela compresa.

Mi spiace per chi c’è capitato proprio alle 12.45, ma anche ieri alcuni malcapitati hanno subìto i nostri botta e risposta, qualcuno sorridendo, niente muso, saremo tarpà ma sapemo cojonà, perché aveva capito che si trattava di una specie di copione precostituito, quasi una recita a soggetto che seguiva un filo logico, assurda quanto volete, nata dietro alle quinte di una profonda frequentazione.

Sorta ai tempi di Noè, direbbe qualcuno, quando Jesi era diversa, lontana, anche i gusti musicali erano differenti. Ricordo con tanto affetto quando la gelateria compì sessant’anni, poco più di dieci anni fa, e sull’anniversario misi giù sulla carta un copione per la grande festa popolare, con canti, suoni, balli, imitazioni e chi più ne ha… fino ai ricchi premi e cotillon (e fascia d’oro per la miss).

Il copioncino iniziava così: “Inizio io con musica di sottofondo creata da una fisarmonica che suona Il carretto passava… ed io entro sul palco e recito”.


Se ricerco e se rifrugo
fra i ricordi di quegli anni
trovo tanti personaggi
che oggi veston nuovi panni.
Ci son medici o avvocati,
o politici rampanti,
ma alla fine un buon gelato,
piace sempre a tutti quanti.
Ed io voglio ricordare
quel baretto, giù i rastelli,
è passati sessant’anni
ma quei tempi erano belli.
E da allora Ciro e Pio
non s’è fatti cojonà,
chissà quanti n’è passati
con la voglia de leccà!
Sto parlando del gelato,
su non fate i maliziosi,
quel gelato che richiama
sia i clienti che i curiosi.
Ed allora riguardando
vecchie foto in un cassetto,
mi ricordo di una Jesi
che è cresciuta col “moretto”.
Anche i sindaci, perbacco,
li vedevi in doppiopetto
che mangiava col cucchiaio
rosicchiandosi il cornetto.
Ora siamo nel futuro:
ringraziamo anche il buon Dio,
è cambiato tutto quanto
ma è rimasti “Ciro e Pio”!


Ne parlavamo spesso, con Luciano, soprattutto quando chiacchieravamo di musica, di come l’aveva voluta e posseduta prima, di come purtroppo dovette lasciarla e riprenderla poi, studiando con una serietà certosina.

Ho visto un documento di una festa di paese di pochi mesi fa, e chiaramente c’era lui che percuoteva la batteria come se fosse una faccenda personale. Gliel’ho detto, ha sorriso, gli ho promesso che gli avrei fatto avere il filmato, che però che non dipendeva da me per cui … arrivederci a una bella testimonianza.

Non tutti ci arrivano. Luciano già aveva in mente la prossima scaletta, perché le idee, che rendono felici piccoli, grandi e nonni, sono una medaglia da mettere al petto, in un mondo in cui “un’idea, finché resta un’idea è soltanto un’astrazione”, a dirla con Giorgio Gaber.

Io non frequentavo completamente i suoi ricordi musicali degli anni Sessanta/Settanta, questione di … ritmi, ma i cantautori storici erano il nostro “in battere o levare?”.

Anche i periodi della sua vita che lo hanno maggiormente ferito e coinvolto, riusciva a trasmetterli dando un peso al dolore – che lo strappava fisicamente e psicologicamente – come se non volesse caricare te più di quanto già fosse tormentato lui. Un grande signore.

Aspettavamo, ci siamo detti ieri mattina, mancava un rintocco per le 13, di poter ritornare a essere tutti insieme, per riproporre, magari, un concerto lungo le scalette vicino al suo laboratorio, negozio, paradiso per il mondo che gli voleva un bene bestiale.

Vabbè, adesso mi riascolto un tuo mito, “La bambolina” di Michel Polnareff, che faceva sempre “no, no, no, no, no, no”. .

Se ricordo, era in maggiore, Mi, La, Re… non mi far sbagliare proprio ora gli accordi, Luciano!

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