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Cronaca

Jesi Carmelitane e San Marco, sentinelle di preghiera e cuore della Chiesa

La celebrazione per festeggiare i 75 anni dedicati dalle monache alla cura del sacro edificio, formella in gesso alabastrino donata dallo scultore Massimo Ippoliti

Jesi – Si è svolta nel pomeriggio di sabato la celebrazione, presso la chiesa di San Marco, per ricordare i 75 anni delle monache carmelitane di clausura dedicati alla cura e alla custodia di questo gioiello architettonico e la loro presenza ancor più duratura nella vita spirituale della città.

Con gli interventi del vescovo, mons. Gerardo Rocconi, del sindaco Lorenzo Fiordelmondo, accompagnato dall’assessora Loretta Fabrizi, e della storica Maria Cristina Zannotti, l’evento è stato l’occasione per mettere a fuoco le vicende che hanno caratterizzato la vita delle carmelitane nella comunità jesina e la storia della chiesa, protagonista di alterne fortune nel corso dei secoli, ma anche il rinnovato valore spirituale della vita monastica nella realtà moderna e del ruolo di mediazione tra la vita ecclesiastica e la città.

Una ricostruzione realizzata e condotta dal giornalista Francesco Cherubini, rappresentata egregiamente rifacendosi alle cronache del tempo e al carteggio tra la madre superiora e le consorelle, interpretato dalla voce di Mugia Bellagamba e da quella delle 7 monache presenti, che oggi vivono nel monastero adiacente.

Era il 15 ottobre del 1982 infatti, quando le monache carmelitane – già presenti a Jesi da due secoli – riuscirono ad acquistare il Villino Grizi, rendendolo la loro sede definitiva.

Il 25 aprile del 1946, per interessamento del vescovo Carlo Falcinelli, le religiose ebbero libero accesso alla chiesa di San Marco, grazie a un passaggio realizzato a fatica nello spessore della muratura al lato sud, successivamente ampliato, acquisendo definitivamente la responsabilità del monumento di cui ancora oggi si prendono amorevole cura.

Sono quindi 78 anni che le suore gestiscono la chiesa, la celebrazione dell’anniversario dei 75 anni però era stata rimandata a causa della pandemia e festeggiata sabato.

«Ho assistito a tutte le fasi di sistemazione di San Marco, dopo i danni provocati dal terremoto del ’39 – ha raccontato la voce delicata di suor Chiara, che sabato ha festeggiato i suoi 70 anni nell’ordine carmelitano – quando siamo arrivate qui, il pavimento non si vedeva, c’erano solo resti di cemento. L’operoso lavoro delle monache ha riportato alla luce lo splendore delle piastrelle originarie, da quel momento ci siamo prese cura di questo luogo sacro, continuando a svolgere il nostro ruolo di sentinelle di preghiera per il mondo e per la Chiesa».

«Qual è il ruolo della vita monastica nella realtà moderna? – ha chiesto provocatorio il vescovo, Gerardo Rocconi -. Per cogliere l’importanza di questo evento, partiamo dal ritrovare il senso dell’ordine monastico nella vita della diocesi. Nella storia la vita monastica ha avuto tanti significati, prima era la fuga dal mondo per vivere la vita cristiana lontano dalle persecuzioni, poi la fondazione di nuove comunità fiorite intorno ai monasteri».

«Oggi il suo ruolo è di rappresentare l’avanguardia della vita cristiana, tenere viva la memoria dei valori essenziali del cristianesimo: il primato di Dio, l’accoglienza della parola e l’amore per il prossimo. Il monastero rappresenta il cuore della Chiesa».

Il sindaco Lorenzo Fiordelmondo ha sottolineato «il prezioso ruolo di custodia svolto dalle monache, dell’identità storica e artistica della città, grazie alle cure rivolte a San Marco che testimoniano un amore per la comunità nel tenere vivo uno spazio sacro dedicato a coltivare la spiritualità religiosa dei credenti», ma anche a promuovere la cura dell’arte e dello spirito di chi ha voluto contribuire con una donazione alla raccolta fondi per il progetto di restauro della chiesa.

«La data del 25 aprile, che ha sancito l’apertura dell’accesso delle monache a San Marco, è anche quella della Liberazione. Mi piace pensare che siano declinazioni diverse dello stesso concetto di cura. Cura della comunità attraverso la spiritualità e cura di chi ha lavorato per realizzare la Carta costituzionale».

«Mancano solo 3mila euro alla soglia dei 20 preventivata per la realizzazione del progetto – ha detto il prof. Vittorio Massaccesi, promotore insieme al Comune del crowdfounding -, il piccolo sacrificio di tutti potrà portare a condividere un risultato comune, aver contribuito a restaurare un bene prezioso che appartiene alla comunità».

La ricostruzione doviziosa di particolari della storia dell’ordine religioso delle carmelitane è stata ripercorsa dalla storica Cristina Zannotti, partendo dall’origine del nome, riferito al Monte Carmelo su cui si era rifugiato l’ordine fondato dai Crociati.

«Fondato intorno all’anno 1000, l’ordine arrivò a Jesi solo nel 1684. Le monache vissero in situazioni di povertà e di scarsa salubrità, nelle precedenti sistemazioni in cui si trovavano a Jesi, fino a quando, grazie all’aiuto dei familiari, riuscirono ad acquistare il Villino Grizi che diventò la sede definitiva».

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Encomiabile l‘impegno delle carmelitane nel corso di questi anni, non solo a favore di San Marco ma dell’intera comunità jesina a cui hanno partecipato silenziose ma con operosità e preghiere amorevoli. Anche se una grata di legno le separava dai partecipanti alla cerimonia, la commozione e la gioia del momento sono emerse dalle loro parole e dal ringraziamento accorato di suor Alma, la priora del monastero.

A suggellare la cerimonia è stata benedetta la formella in gesso alabastrino realizzata e donata dallo scultore Massimo Ippoliti alle carmelitane, raffigurante i santi Elia, Eliseo e la Vergine Maria intorno a una corona di 12 stelle a simbolo dell’Immacolata concezione. La celebrazione della messa officiata dal vescovo ha concluso il pomeriggio di festa insieme.

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