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Cronaca

JESI L’ARTE DI BERNARDO BOSI RACCONTATA “IN ESTREMA SINTESI”

bosi3JESI, 10 giugno 2016 – “Picasso ha inventato l’arte moderna, Bosi ha inventato Bosi”: con questa frase Alfonso Gatto, celeberrimo poeta e scrittore, definiva la pittura di Bernardo Bosi, noto artista jesino, attivo dagli anni ’30 fino agli anni Settanta. Al fine di ricordare questo personaggio di particolare rilevanza per la città a cento anni dalla sua nascita, Simona Cardinali e Romina Quarchioni della Pinacoteca Civica e Attilio Coltorti, per molti anni docente di storia dell’arte presso il Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Jesi, hanno deciso, su suggerimento dei figli del pittore, Giuseppe ed Amleto, e con l’appoggio dell’Amministrazione Comunale, di organizzare una mostra dal titolo “In estrema sintesi”.
Parlando con uno dei due figli dell’artista, Amleto, professore di disegno e anch’egli amante della pittura, chiediamo perché si è deciso di dare questo titolo all’esposizione: “In realtà – ci dice Amleto – è stato il prof. Attilio Coltorti a dare questo titolo alla mostra, giacché essa sintetizza le fasi salienti della maturazione artistica del pittore e anche perché verranno esposte solo le opere principali e quelle più significative”.
La mostra, che potrà essere visitata dal 10 giugno al 28 agosto, a ingresso gratuito, si articolerà in tre diverse sedi espositive, ognuna delle quali tratterà una tematica specifica dell’opera del pittore: alla Pinacoteca Civica sarà possibile ammirare opere di natura paesaggistica, al Museo Diocesano si vedrà come Bernardo Bosi sia stato un pittore particolarmente attivo anche nel campo dell’arte sacra, mentre al Teatro Pergolesi le opere esposte avranno come tema principale quello della musica, e in particolare si potranno osservare il ciclo di quadri con i quali il pittore ha omaggiato la figura di Fryderyk Chopin. L’inaugurazione dell’esposizione si svolgerà nei locali della Pinacoteca Civica il 10 giugno alle ore 18,00.
bosi5Alla mostra faranno da contorno altri eventi, come i percorsi estivi dedicati al pittore che si svolgeranno il 25 giugno, il 3 agosto e il 26 agosto al costo di 3 euro. Il Concerto visita in memoria del pittore è in programma il 25 giugno alle ore 18 alla Pinacoteca Civica, un “Percorso speciale: Bosi e la spiritualità” il 3 agosto nel seminario Regina Mundi di via L. Lotto e il “Finissage”, 26 agosto, serata spettacolo all’atelier dell’artista alle ore 21,15 con la partecipazione di Mario Sasso, un altro artista jesino che racconterà Bernardo Bosi. Sarà inoltre possibile visitare l’atelier dell’artista situato nel Chiostro Sant’Agostino, nel cuore della città.
Il figlio Amleto ci dice in particolare che lo studio del padre ha funto da punto di riferimento per tanti pittori locali. L’atelier di Bernardo Bosi aveva perlopiù l’aspetto di una bottega artigianale, dai caratteri quasi rinascimentali, dal momento che il pittore era solito impastare da solo i colori che usava per le sue opere.
bosi6Continuiamo la nostra conversazione con Amleto Bosi, il quale ci dice: “Mio padre ha nutrito da sempre una forte passione per la pittura: basti pensare che, da ragazzo, durante la permanenza presso un suo zio frusinate, non perdeva occasione, mentre svolgeva attività quotidiane come condurre le mucche al pascolo, di fermarsi anche solo per un attimo, di contemplare la natura intorno a lui e poi di dipingerla”.
Autodidatta, Bernardo Bosi inizia a lavorare come cartellonista e grafico, e in un secondo momento incomincia la sua carriera da pittore, che lo porterà ad avere larga fama. La sua pittura, sempre all’avanguardia e alla ricerca di nuovi materiali e tecniche, si articola in sette spazi: “Papà – ci racconta Amleto – era solito definire le fasi salienti della sua pittura non col termine ‘fasi’, bensì con la parola ‘spazi’, perché queste non erano per lui periodi con un inizio e una fine precisa e distinti l’uno dall’altro, ma intervalli temporali che tutti insieme hanno concorso a formare il grande pittore che è stato”. Si va dai primi due spazi, che coprono il periodo dal 1935 al 1949, nei quali Bosi alterna l’attività di cartellonista a quella di pittore, agli spazi in cui si realizza a pieno la sua maturazione artistica: qui troviamo prima il suo avvicinamento al Manierismo cinquecentesco e alla pittura di Van Gogh e Gauguin, poi il cosiddetto periodo dell’espressionismo bruciato, in cui Bosi scende in campo durante gli anni del boom economico per criticare il consumismo, il conformismo e soprattutto l’ipocrisia umana. A questi periodi fa da contraltare il quinto spazio, che è chiamato “periodo dei bianchi”, in quanto Bosi decide di utilizzare nelle sue tele solo colori tenui. Il sesto e il settimo spazio ricoprono infine gli ultimi anni della vita dell’artista, nei quali si assiste a un piacevole e delicato ritorno al colore.
Osservando i numerosi “spazi” che hanno caratterizzato la pittura di Bosi, si può evincere che la sua indole era caratterizzata, come ci dice suo figlio Amleto, “da un temperamento vulcanico, tanto che nelle sue opere si avverte una traccia nervosa ed accattivante, un tumultuoso fervore”. In effetti, dobbiamo immaginarci la figura di Bernardo Bosi come quella di un uomo che ha vissuto la sua vita in simbiosi con l’arte. Come il fanciullino di Pascoli riusciva a cogliere l’essenza profonda degli oggetti e dei paesaggi che lo circondavano, così il pittore jesino era in grado di captare a tutto tondo il senso profondo della vita che gravitava intorno a lui. Egli amava dire “un artista non sta seduto e aspetto il tempo, ma lo prevede”, per sottolineare il fatto che un pittore non deve restare fermo nel suo studio ad aspettare che venga l’ispirazione, ma deve darsi da fare per cogliere gli elementi più significativi che si trovano intorno a lui, perfino quelli più reconditi.
“Papà – conclude il figlio Amleto – si è dedicato anche alla scrittura per mettere nero su bianco le sue impressioni sull’epoca in cui viveva e dai suoi scritti si vede come egli fosse una persona affabile e benevola, ma che tuttavia non si mostrava indifferente davanti ai problemi che a quel tempo affliggevano la società: egli non tollerava la violenza sotto ogni suo aspetto e non sopportava di vedere i bambini del Biafra che morivano di fame, tanto che riportava la sua profonda indignazione sulle sue tele”.
Questa mostra si pone quindi l’obbiettivo di ricordare Bernardo Bosi, un personaggio tanto complesso quanto affascinante, la cui opera sperimentalista è stata fondamentale per il passaggio dalla pittura Ottocentesca a quella Novecentesca.

(Alessandro Bonvini)

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