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Jesi De bello gallico, “opera buffa” che ci consegna profonde riflessioni storiche

La prima mondiale al Teatro Pergolesi (domani la replica), melodie caleidoscopiche e travolgenti, bella Compagnia di canto

Jesi – Il maestro Nicola Campogrande, che ha composto la musica dell’opera “De bello gallico”, in scena ieri con replica domani alle 16, in prima assoluta al Teatro Pergolesi nell’ambito della 56 esima Stagione lirica di tradizione della Fondazione Pergolesi Spontini, pochi minuti prima che si alzasse il sipario l’aveva definita “un’opera buffa … o quasi” e quel quasi ci aveva lasciati dubbiosi.

Poi, una volta entrati in platea per assistere al rito di questa esecuzione in prima mondiale, nel seguire attentamente testo e musica ci siamo accorti che l’apparente leggerezza e ironia attraverso cui il testo del librettista Pietro Bodrato pensava di conquistare la platea, erano ben più profondi e storicamente ineccepibili.

Tanto che pensare e paragonare ad Asterix e Obelix, facciamo due nomi a caso della letteratura fumettistica (d’autore) e cinematografica che ci ha avvicinato a Giulio Cesare uscendo dagli schemi rigidi e anche un po’ scolastici dei Commentarii che hanno affollato i nostri banchi di scuola, non ci ha convinto più come prima. Certo, testo molto bello, mai banale e, volendo, scanzonato, attualizzato con uso di termini gergali e bandiere giallorosse con “Forza Roma” attuali che fanno anche ridacchiare più che sorridere soltanto.

Ma, c’è un ma. La musica. Quella è universale! Già, quella scritta da Nicola Campogrande, che spazia come se avesse un brevetto di volo adatto per le lunghe distanze, scandisce i momenti di vita con atterraggi simulati e poi ripartenze improvvise, da Gershwin al tango, dalla musica americana, dal jazz alla tradizione dell’opera buffa che ti fa venire in mente il conterraneo Rossini. Ma solo in mente.

E poi valzer e poi lirica drammatica o codificata. Un caleidoscopio in cui il pubblico non si perde, anzi riesce a vivere accanto alle figure che Cesare incarna. Nella prima parte, è l’uomo politico e spregiudicato, che ha voglia di fare carriera e ha in Aulo Irzio il suo scriba, ma anche il consigliere per gli abiti da indossare, una sorta di armocromista che ci ricorda qualcosa di recente in politica.

La seconda essenza di Cesare è quella che affronta il pericolo, manipola ed ammazza avversari e, alla fine, il dado viene tratto e lui venne, vide e vinse. Accanto, una bellissima donna, una figura allegorica che rappresenta una volta la Fortuna, la Gloria, Roma, quello che Cesare ha vissuto realmente nella sua vita. Non stiamo a raccontarvi il libretto e la storia che Cesare Caio Giulio ci ha costretto a studiare. E che arriva fino a noi, vedete la forza dei personaggi che attraversano duemila anni e sono ancora attuali.

Le guerre? Basta darsi un’occhiata intorno, negli ultimi due anni, dall’Ucraina alla Russia, dalla striscia di Gaza a Israele, dalle lotte di sangue e arena che infestano nazioni africane, dalla Siria dimenticata… ne trovi quante ne vuoi.

E’ la guerra, signori, un presente tragico come i personaggi che lo animano, che sembrano aver riposto l’armonia della bellezza per curare i propri interessi.  E tanti dittatori, comandanti supremi, affamatori, traditori di diritti umani, che alla fine dicono, come Cesare, “sta guerra ci costa tanto, ma dopo sai che affari?”.

Una bella compagnia di canto, dal Cesare del baritono Giacomo Medici (“credimi, una fatica bestiale”, ci ha detto alla fine), da Irzio/Vercingetorige del tenore Oronzo D’Urso, una voce che ci è piaciuta molto, per non parlare della bellissima Figura Allegorica del soprano ucraino Nikoletta Hertsak, dotata di presenza scenica (in verità anche i suoi compagni del De bello) e di una estensione vocale, negli acuti, molto apprezzata.

La regia di Tommaso Franchin modifica con movimenti scenici i vari momenti delle riprese da ring di boxe (col coro Universitario del Collegio Ghislieri in costumi davvero buffi quasi grotteschi),  e il Time Machine Ensemble, diretto da Luca Colombo, davvero divertito e divertente.

Oltre che divenuto un’ottima realtà. Alla fine, tutti in scena a farsi le foto del dopo-prima mondiale. Applausi convinti.          

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