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Cronaca

JESI DOCUMENTO SULL’UNIVERSITÀ INNESCA LA POLEMICA TRA CONSIGLIO E FONDAZIONE, BASSOTTI: “LASCIA IL TEMPO CHE TROVA”

Alfio Bassotti, presidente della Fondazione Carisj (foto CriCo)

Alfio Bassotti, presidente della Fondazione Carisj (foto CriCo)

JESI, 15 febbraio 2016 –  «Debbono stare tutti calmi e non fare certe uscite che non servono a niente, a cosa sono utili documenti che lasciano il tempo che trovano, anche se espressione dell’intero Consiglio comunale?».

«Noi come Fondazione Carisj siamo al volontariato, non siamo più in grado di poter usufruire di risorse da girare alla Fondazione Colocci per l’università,  ora è rimasta soltanto l’azione ordinaria, vale a dire pagare bollette, impiegati – già con stipendi ridotti – il mantenimento necessario ad una vita minima».

Da noi contattato, così risponde subito, il presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Jesi, Alfio Bassotti, alle comunicazioni del sindaco Massimo Bacci e alla presa di posizione dell’intera assise comunale, stamattina in seduta dalle 9,  che ha dibattuto le comunicazioni del primo cittadino in merito alla situazione precaria dell’università jesina a seguito del disimpegno economico della fondazione Carisj seguito al crack, noto, della vecchia Banca Marche.

E dal quale dibattito – con interventi dei consiglieri Paolo Cingolani, Massimo Gianangeli, Daniele Olivi Giorgio Rosstti, Cesare Santinelli e Marco D’Onofrio – dovrebbe poi sortire, in seguito,  un documento di sollecitazione alla Fondazione Carisj «perché ritorni sui propri passi – ha detto il Sindaco – in quanto pensare di dover chiudere l’università ci lascia interdetti. La Fondazione deve cambiare strategia e per questo mi appello a tutti i consiglieri perché si esprimano tutti insieme in questo senso».

«Sto chiedendo altre solidarietà per cercare di non far morite l’università – ribatte Bassotti – ma possibile che gli obblighi e i doveri siano soltanto nostri? Il Comune che, oltre a essere socio è pure bravo, rinunci ad alcune prebende e, magari, alle luminarie e a tutto il superfluo e  quei risparmi li faccia confluire nel contributo alla Fondazione Colocci per l’università. E gli altri soggetti (Banca popolare – ndr – ) cosa fanno? Non partecipano? Non devolvono di più? Eppure sono parte del nostro territorio, o no?».

«Ma vi pare che  a noi piace veder morire una nostra creatura? Tutto questo coro di voci, di prese di posizione. State calmi, facendo così non fare altro che aggravare la situazione in un momento di per sé già di alto nervosismo».

«Ci siamo svenati già con le sale operatorie donate al nuovo ospedale “Carlo Urbani”, con qualche milione di euro, ridateci quei soldi e li gireremo all’università. O dobbiamo vendere il nostro palazzo?…».

(p.n.)

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