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Cronaca

JESI IMMIGRAZIONE E INTEGRAZIONE: JESI CITTA’ ACCOGLIENTE MA…

Paolo Gubbi (Foto Crico)

Paolo Gubbi (Foto Crico)

JESI, 1 maggio 2016 –  La nostra è una città accogliente? Ci sono muri e fili spinati che bisogna attraversare, per andare oltre? E’ quello che si sono chiesti i relatori all’interessante iniziativa organizzata dalla Consulta per la pace, coordinata da Paolo Gubbi, nel salone del palazzo dei convegni sabato 30 aprile.

Come si esprime, però, questa accoglienza verso il diverso, colui che viene da lontano, che professa un’altra religione, imbevuto di un’altra cultura, di altri usi, che vive, a volte sopravvive, in questa nostra comunità, affrontando difficoltà  senza fine, in tante circostanze. E, di più, è sufficiente essere accoglienti? Che significa esserlo?

Dal dibattito – aperto dalla poesia “Migranti” recitata in vernacolo jesino dall’autore, Marco Bordini – è emerso quello che si fa, che si tenta di fare, a fronte di una politica nazionale dell’accoglienza in grave ritardo, e come la nostra città percepisca e si relazioni con l’altro, vale a dire l’11% della popolazione di Jesi e della Vallesina:  migranti – la grandissima parte – , rifugiati, richiedenti asilo.

Innanzitutto c’è una grande confusione in merito, perché chi chiede asilo non è paragonabile a un migrante, ci sono altre problematiche anche se, alla fine, il dato di fondo che resta è uguale per tutti: l’integrazione.

Non sono mancati accenni polemici, durante il dibattito moderato da Giovanni Filosa, ma la madre delle questioni  resta: siamo preparati ad affrontare questa situazione di altre presenze vicino a noi, con i loro problemi, le loro necessità, la loro naturale esigenza di vivere una vita dignitosa?

Franco Pesaresi (Foto Crico)

Franco Pesaresi (Foto Crico)

E’ stato importante ascoltare chi ne vive il filo diretto quotidianamente, sentirsi raccontare di situazioni, di problematiche, di impegno, ma  il dito nella piaga lo ha sicuramente messo Franco Pesaresi, direttore dell’AspAzienda servizi alla persona – ambito 9, quando ha ribadito che «accogliere è già un passo importante ma sull’integrazione si può fare di più, il nodo è questo, perché l’integrazione vera è l’incontro di tutti i giorni, è vivere insieme». E tanto per sgombrare il campo da facili illazioni «noi i servizi sociali li eroghiamo a tutti, stranieri e italiani, non ci sono privilegiati. Le sofferenze sono diverse in dimensione  ma la qualità è la stessa. Quello che serve è una politica vera sull’emergenza, sull’immigrazione economica, una legge sulla cittadinanza, legalità, investimenti sull’integrazione».

L’integrazione, appunto. Avviene? A volte sì, ma nella gran parte dei casi – sembra di capire – no. E lo stesso Marcos Lopez, coordinatore del Gus provinciale – Gruppo umana solidarietà –  non ha avuto difficoltà ad ammettere, parlando di richiedenti asilo e rifugiati, che «nei condomini dove abbiamo appartamenti che mettiamo a disposizione dei nostri assistiti la diffidenza nei loro confronti è tanta. La discriminazione, poi, c’è ed è difficile gestirla. Basti pensare che, a volte, sono proprio i genitori  a opporsi al fatto che i loro figli frequentino stranieri».

Lo SprarSistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati –  «è presente a Jesi da 10 anni – spiega ancora Lopez – ed è distribuito anche a Chiaravalle, Osimo e Fabriano. Non è semplice gestire la vita di persone che hanno rischiato di perderla in modo violento nel loro paese d’origine. I nostri progetti mirano a far riconoscere i loro diritti, a poter dar loro una seconda possibilità. Ma ci scontriamo sempre con la paura nei confronti del diverso».

Luca Pacini e Marcos Lopez (Foto Crico)

Luca Pacini e Marcos Lopez (Foto Crico)

Luca Pacini, dell’UnhcrUnited nations high commissioner for refugees, Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati – ha portato la sua testimonianza sul campo, in quanto «il nostro ruolo in Italia – ha sottolineato – è forte con gli sbarchi che ci sono. E accompagnamo tutte le forze di polizia che interagiscono alle frontiere con chi arriva».

Ma come si decide chi è rifugiato e chi no?

«Le valutazioni – spiega Pacini – le fa una commissione composta da 4 persone, sulla base di leggi italiane e europee,  in Italia ce ne sono 44, generalmente nei capoluoghi di regione. Ma il numero potrebbe crescere ancora. Il

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