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LE NOSTRE FIRME SI PARLA DI…ROBERTO MANCINI

Cultura, sport, curiosità, mestieri e tanto altro sono al centro delle interviste dei nostri giornalisti per scoprire le ricchezze del territorio

 

 

Evasio Santoni, giornalista

“Mancio” a cuore aperto

 

Roberto Mancini commissario tecnico della nazionale di calcio d’Italia. Nato a Jesi nel 1964 nel quartiere Prato vicino la chiesa di San Sebastiano, dopo una carriera super come calciatore, dopo aver vinto scudetti in Italia ed in Inghilterra come allenatore, il ‘Mancio’ è stato chiamato alla guida della nazionale di calcio. E pensare che la sua prima vera panchina a Firenze, all’epoca, suscitò tante polemiche tra gli addetti ai lavori poiché Roberto non era in possesso del patentino di allenatore di prima categoria.

Come mai il calcio?

Da piccolo si giocava solo a pallone davanti casa e nel campetto della chiesa e dunque la passione.

Subito in un grande club, era davvero bravo Mancini?

Il merito è di mio padre ma c’è stato anche un dono di Dio.

Cosa fa il Ct della nazionale durante il giorno?

Guardo le gare in tv, ogni tanto vado in bicicletta con gli amici per rilassarmi, sto in famiglia, faccio delle passeggiate, un po’ di palestra, vado in giro per gli stadi d’Italia o nelle strutture dove ci si allena per vedere dal vivo partite e giocatori.

Qual è stato davvero il merito di suo padre Aldo?

Era un genitore molto appassionato prima di ciclismo e poi di calcio. Se ne intendeva e ad un certo punto ha puntato sul fatto che io diventassi un calciatore. Mi ha sempre aiutato quando tornavo tardi a casa per fare i compiti e mia madre si arrabbiava e mi sgridava, lui un po’ meno.

Ad un certo punto il viaggio verso Bologna?

A Bologna mi ha portato lui. All’insaputa di mia madre che ha lasciato dal dentista in un posto sotto le due Torri e via di corsa direzione Casteldebole a fare il provino sotto gli occhi attenti di Marino Perani.

Un giorno da incorniciare?

Un giorno difficile da dimenticare. Poi lì ho trovato un ambiente sano e tutti mi volevano bene.

Carriera da giocatore e poi allenatore. Come è stato il suo rapporto con la maglia azzurra?

Poteva essere diverso, certo. Ho debuttato con Bearzot, poi Vicini ed infine Sacchi: 36 presenze.

Con Bearzot ci sono stati episodi ‘discutibili’?

Poteva andare meglio. Con lui la prima convocazione in azzurro ma ammetto di aver fatto degli errori imperdonabili. Un errore di gioventù come quello di non aver chiesto a Bearzot mai scusa dopo una notte brava a New York. Avevo solo 19 anni ed ero al mio debutto in Nazionale. Era maggio del 1984 quando tornai alla mattina dopo una notte fuori dall’albergo. Bearzot non mi chiamò per un po’ ed io feci l’errore, soprattutto per vergogna, di non richiamarlo. Insomma dovevo chiedere scusa e non l’ho fatto.

Come si diventa Ct della nazionale?

Non capita tutti i giorni. Devono esserci le condizioni, combaciare tutte insieme tante cose. Quando arriva la chiamata devi essere libero e superare la concorrenza di altri che comunque sono bravi. Poteva capitare qualche anno prima è capitato adesso e sono felice e orgoglioso di rappresentare una nazione importante come l’Italia. Credo sia una cosa straordinaria.

Mancini e Jesi, un rapporto ottimale?

E’ la mia città, ho tanti amici, sento che tutti mi vogliono bene. Vengo spesso anche perché i cappelletti di mamma Marianna non hanno paragoni.

La bici, il team ’Azzurri di Jesi’?

Fa piacere andare in bici, ti rilassa, ti fa vedere paesaggi e luoghi con un occhio diverso che altrimenti non avrei mai visto.

C’è da soffrire per pedalare?

Il ciclismo è veramente faticoso. Stare tante ore sulla sella e pedalare tutti i giorni ci vuole davvero sacrificio, meticolosità, grinta, costanza, allenamento.

Perché tanti allenatori di calcio amano il ciclismo: Guidolin, Nicola, Reja?

Perché riesci a liberare la mente ed evadere dalla vita di tutti i giorni. 

Si narra che a Manchester andava agli allenamenti percorrendo 35 km al giorno in bici?

Tutto vero.

Roberto Mancini e la scuola calcio Junior Jesina a lei titolata?

I ragazzi sono il nostro futuro, lavoriamoci sopra.

Evasio Santoni

[email protected]

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