Attualità
JESI L’UNIVERSITÀ CHE CHIUDE, GLI STUDENTI: «POCA TRASPARENZA E ANCHE MANCANZA DI RISPETTO»
16 Novembre 2018
«Almeno si cerchi di far terminare il corso di studi iniziato, perché c’è anche chi potrebbe rinunciare a laurearsi. E sarebbe aberrante»
JESI, 16 novembre 2018 – Il fatto incontestabile è che i corsi universitari triennali – Scienze giuridiche applicate e Scienze dell’Amministrazione pubblica e privata – sono arrivati allo stop: il 2020 si chiude. Il 2018 – 19 si profila, dunque, come l‘ultimo anno accademico della sede di Jesi dell’università di Macerata (leggi l’articolo).
La convenzione tra Fondazione Colocci e università di Macerata, che scadeva nel 2025, era stata abbreviata proprio al 2020 per il drastico ridimensionamento dei fondi a disposizione della stessa Fondazione a seguito delle vicende che colpirono Banca Marche e di riflesso la Fondazione Carisj, socio fondatore insieme a Comune, Ubi Banca Popolare di Ancona, Banca Marche. La Fondazione Carisj erogava il 60 per cento della somma, il 15 le banche, il 25 il Comune. E si arrivò a un esborso di circa 700 mila euro – poi diminuito – con l’insediamento del dipartimento perché con i soli corsi e senza la ricerca non si fa una università (leggi l’articolo).
Ma gli studenti non si arrendono, vogliono andare comunque avanti, i corsi debbono continuare ad andare avanti. Almeno per permettere a chi si è iscritto quest’anno di completare serenamente il triennio a Jesi senza doversi spostare a Civitanova Marche o nella stessa Macerata. Anche perché, sostiene legittimamente il Movimento Studentesco impegnato in questa battaglia, è mancata la giusta e adeguata informazione all’atto dell’iscrizione: le matricole erano ignare di tutto, nessuno ufficialmente le ha informate che avrebbero iniziato a Jesi per terminare a… ancora non si sa.
«Io sono dovuto andare dai ragazzi del primo anno e far presente che i corsi terminavano. E loro con gli occhi spalancati per lo stupore si sono trovati ad aver appreso la notizia da me. Non è solo questione di mancata informazione, ma anche di mancato rispetto». Sono le parole di Emanuele Zenobi, 36 anni, di Polverigi, secondo anno di Scienze giuridiche, studente – lavoratore alla raffineria Api di Falconara (nella foto in primo piano, a sinistra, con gli altri due esponenti del Movimento, Luigi Battiloro e Vincenzo Marino).
«Studenti – lavoratori come me ce ne sono tanti e si troveranno ad affrontare una situazione difficile. C’è chi potrebbe rinunciare a laurearsi e questo è aberrante, dobbiamo evitarlo. Cercheremo di chiedere aiuto al Sindaco, alle istituzioni, per tenere aperta questa struttura e fare in modo che si possano almeno concludere gli studi».
Per Luigi Battiloro, primo anno di Scienze dell’amministrazione pubblica, 21 anni, di Chiaravalle «uno dei nostri obbiettivi è quello di capire se hanno pensato agli studenti e al grande danno che causano. È chiaro che qui gli iscritti sono quanti hanno voluto sfruttare il grande vantaggio della logistica, Jesi è più vicina a dove risiediamo. Ma lamentiamo la poca trasparenza che c’è stata da parte di Macerata. L’università essendo una pubblica amministrazione è dovuta a farlo cosa che, invece, non ci è stata garantita, tanto è vero che tutte le informazioni delle quali siamo in possesso ci arrivano solo da fonti terze e in modo anche informale, come voci di corridoio, soprattutto, ma anche docenti durante le lezioni. Siamo gli ultimi a sapere. C’è poca chiarezza sul presente e sul futuro».
Vincenzo Marino, 48 anni, pugliese d’origine, è ormai al terzo anno nel corso di operatore giuridico criminologico e ci tiene a sottolineare come «siano stati dei giovani a farsi carico di una responsabilità così grande che è quella di dire le cose come stanno e questo fa onore a loro che si comportano in modo trasparente e corretto, cosa che dovrebbe far riflettere. Credo che assumersi anche queste responsabilità sia il fondamento della formazione universitaria e loro hanno dimostrato di essere già pronti per la vita. Sono convinto che mettendosi attorno a un tavolo con gli altri attori, Fondazione Colocci, Comune, università di Macerata, si possa addivenire a una soluzione soddisfacente affinché gli studenti e le loro famiglie possano nutrire speranza per il futuro».
Pino Nardella
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