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Jesi Le “Vite parallele” di Maria Cristina Zanotti
L’autrice racconta nel suo libro i momenti che l’hanno tenuta unita al padre, il magistrato Roberto Zanotti, ripercorrendo le vacanze e il mare, le chiacchiere in famiglia, gli studi
2 Gennaio 2024
Jesi – L’incipit fulminante del libro “Vite parallele”, di Maria Cristina Zanotti, fa subito pensare a un film a tinte noir o di spionaggio.
Leggendo, poi, permette di comprendere, dopo lustri (e neppure del tutto), cosa siano stati gli anni di piombo. Esterno giorno, Ancona.
Racconta Maria Cristina, allora diciassettenne: “Sul punto di traversare Corso Stamira per raggiungere i giardinetti, un’auto scura inchiodò davanti ai miei piedi, proprio un secondo prima che scendessi il gradino del marciapiede. [ ] Dal veicolo scesero rapidamente quattro personaggi vestiti di scuro e muniti di occhiali da sole, dal volto indecifrabile: senza moine mi chiesero le generalità, aggiungendo che erano militari di professione e avevano il compito di caricarmi immediatamente in auto e riportarmi a casa dai miei genitori. [ ] M’impuntai, nemmeno fossi stata Santa Lucia trainata dai buoi. Ero inamovibile. Quello che sembrava il capo, tra i quattro figuri nerovestiti, si voltò verso l’auto scura, staccò un microfono dal cruscotto, fece un numero e me lo porse. Avvicinai lo strano attrezzo all’orecchio, e immensa fu la mia gioia nel sentire dall’altro capo del filo la voce calda e suadente di mio padre. Mi pregava di obbedire a quegli uomini che erano veramente agenti in borghese; mi chiedeva di non creare problemi. Dovevo rientrare immediatamente, tutti i familiari dei magistrati venivano urgentemente recuperati e messi sotto tutela dalle forze dell’ordine. Le Brigate Rosse avevano rapito due ore prima a Roma, in via Fani, Aldo Moro. I cinque uomini della scorta erano stati barbaramente uccisi”.
L’uomo di cui Cristina racconta gli istanti che li hanno tenuti uniti, in una sorta di vite parallele per restare sul classico, e come questi momenti abbiano formato il carattere di una diciassettenne, è il papà, il dottor Roberto Zanotti. Ha voluto far ricordare a quanti lo hanno conosciuto, frequentato, compreso la particolare missione che investe un magistrato, per tutta la vita, un uomo che, a Jesi, si è fatto ammirare, senza mai cercare il focus della stampa, per la sua grande rettitudine, per la sua onestà intellettuale, l’attaccamento alla famiglia, senso del dovere e per la sua naturale empatia.
L’onestà che cos’è? Niente. Un’astrazione, una pura forma.
C’è un detto che recita che “Dell’onestà di certe persone non sapremo mai nulla: è fatta di silenzio, rispetto e schiena dritta. Ma chi la possiede, brilla di un’altra luce. Se io devo essere onesto, bisognerà che io dia corpo a questa pura forma”.
Tante le testimonianze sul dottor Zanotti, numerose le attestazioni di affetto che aprono questo “romanzo biografico”, edito dalla New Tj di Jesi e impreziosito da una bellissima copertina dell’amico José Guevara, con dedica autografa.
La Zanotti ripercorre le vacanze e il mare, le chiacchiere in famiglia, gli studi, propone come un memento “briciole di storia”, vive insieme ai suoi familiari un rapporto di amore profondo con quest’uomo che apriva il sorriso a tutti come un’aquila le proprie ali.
Un libro/racconto con immagini nitide, come nitido e straordinario è stato il confronto schietto con un personaggio schivo e anche testardo, che non lesinava stima e correttezza a tutto il foro di Jesi.
Un libro da leggere, e lo si può fare d’un fiato, per la fluidità della scrittrice / ricercatrice storica dell’arte che non usa giri di parole.
Neanche ricordando gli ultimi giorni della malattia che lo colpì. Il libro si conclude con le parole di Maria Cristina: “Adesso che non c’è più, di lui mi manca tutto, le nostre occhiate complici, le frasi in latino o greco intraprese dall’uno e terminate a proposito dall’altro, i riferimenti storici prontamente afferrati e chiosati in ogni conversazione. Avrei tanto da domandargli, cercherei chiarimenti impossibili a quesiti sepolti, soluzioni appropriate a problemi irrisolti. Ma lui non c’è più e non potrà mai più rispondermi, né restituirmi momenti che non ci è stato concesso di condividere”.
Personalmente, avendolo conosciuto, mi è piaciuto ricordarlo come “un volto che ha esibito, con fierezza, ciò in cui credeva. Un rispetto profondo per la giustizia, un altrettanto profondo amore per la sua famiglia e considerazione per le scelte che le giovani avrebbero fatto della loro vita. Un libro affascinante, che sfoglia le pagine di un periodo storico con tanti chiaroscuri, affrontato a viso aperto”.
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