JESI FONDAZIONE FEDERICO II HOHENSTAUFEN: CASTEL DEL MONTE, L’HAMMAM DELL’IMPERATORE

JESI, 6 marzo 2017 – Castel del Monte? Non una fortezza, come potrebbe sembrare a prima vista, ma un complesso termale.

Di incontri interessanti la Fondazione Federico II Hohenstaufen ne organizza diversi, nel corso dell’anno, ma l’ultimo, quello di sabato scorso 4 marzo, è stato, tra i tanti, uno dei più intriganti.

Facile, quando si parla di Castel del Monte, il monumento castellare federiciano per eccellenza – oggi monumento nazionale e patrimonio dell’Unesco – , che sorge a una ventina di chilometri da Andria, a 540 metri slm su una collina delle Murge.

Misterioso, di forma ottagonale, pieno di antiche suggestioni, visitatissimo, con dettagli architettonici al suo interno che non sono riscontrabili in nessun altro castello imperiale dell’epoca. Impronta magistrale del pensiero di Federico II, che in sè riassumeva la cultura e il sentire di due mondi così apparentemente distanti ma così vicini, grazie a lui: quello occidentale, cristiano, e quello orientale, musulmano.

E proprio a questa ultima cultura il nostro imperatore, sembra, abbia ancora fatto riferimento per la costruzione di Castel del Monte – iniziata ufficialmente il 29 gennaio nel 1240 – ma non per scopi bellici, piuttosto per rilassarsi, concependo un luogo di purificazione della mente e del corpo, con il fine ultimo dell’immortalità: l’hammam. A suo uso e consumo, insieme alla corte, naturalmente, per la cura corporis e la prolungatio vitae. Anche se la morte, che lo coglierà nel 1250, non gli permetterà di usufruirne come voleva.

Questo il risultato di una originale ricerca multidisciplinare di Giuseppe Fallacara, professore associato in progettazione architettonica, e Ubaldo Occhinegro, dottore di ricerca in progettazione architettonica, entrambi del dipartimento di ingegneria civile e architettura del Politecnico di Bari, ricerca che ha avuto una vasta eco internazionale.

“Un viaggio iniziato quasi 9 anni fa – hanno spiegato Fallacara e Occhinegro – per capire quale fosse la destinazione funzionale del castello, a cosa servisse, l’utilitas, e l’indagine l’abbiamo raccolta in un documentario di circa un’ora che descrive il risultato sintetico del nostro lavoro”. Documentario proiettato, per la prima volta al pubblico, nella sala delle conferenze di Palazzo Bisaccioni, sede della Fondazione jesina.

“Castel del Monte non è stato realizzato per essere una fortezza, un luogo di riposo dalla caccia, ma un tempio di relax, un impianto termale del tutto simile a un hammam. E questo ce lo dicono la sua forma ottagonale, forma sempre connessa con l’acqua, legata ad una precisa funzione.  Le modanature a canale interne ed esterne, per raccogliere la condensa o l’acqua, le cinque cisterne pensili sulle torri, i pozzi a 60 metri di profondità – ora ricoperti –  per la presenza di cavità carsiche, l’enorme vasca di marmo – andata distrutta – che occupava il cortile, per le abluzioni prima di entrare. Tutti elementi che portano a una conclusione: Castel del Monte era uno splendido hammam“.

Una grande, ingegnosa, bellissima, macchina idraulica, dunque, con funzione di centro medico “che sfruttava l’acqua riscaldata in grandi camini o da ipocausti, a varie temperature, riprendendo la metodologia dei bagni orientali di derivazione romana“. E tra i filoni di ricerca sulla funzione, anche le scienze mediche, quelle farmaceutice, l’alchimia, la cura del corpo a corte.

Ricerca che ha interessato il celebre manoscritto Voynich, non ancora decodificato, risalente al Medioevo e attribuito a Bacone, custodito all’università di Yale, con la comparazione del corpo iconografico a miniature di altri documenti. L’intento “quello di dimostrare una probabile stretta connessione tra il manoscritto  con il progetto e funzionamento della costruzione”.

Offrire, cioè, al Puer Apuliae, l’eternità della vita facendo ricorso alle terme, a misteriose e strane piante e altrettanto misteriosi riti “collegando le due opere che sembrano reciprocamente fatte l’una per l’altra“.

(p.n.)