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Cronaca

JESI LA PROFESSORESSA ALLÌ CARACCIOLO HA CHIUSO IL CICLO DELLE CONFERENZE SU SAN FRANCESCO

È toccato alla professoressa Allì Caracciolo, docente di storia del teatro all’Università di Macerata, regista, poetessa e scrittrice, chiudere il ciclo su san Francesco

È toccato alla professoressa Allì Caracciolo, docente di storia del teatro all’Università di Macerata, regista, poetessa e scrittrice, chiudere il ciclo su san Francesco

Il presidente della Fondazione Federico II Fabio Costantini e Allì Caracciolo

Il presidente della Fondazione Federico II Fabio Costantini e Allì Caracciolo

L'inaugurazione della mostra "San Francesco tra cielo e terra" a Palazzo Bisaccioni

La mostra “San Francesco tra cielo e terra” a Palazzo Bisaccioni

JESI, 3 novembre 2015 – Concluso il ciclo di interessanti conferenze dedicate, nel mese di ottobre appena trascorso, a san Francesco d’Assisi, organizzate dalla Fondazione Federico II di Hohenstaufen.

A corollario degli appuntamenti in programma, anche la suggestiva mostra, che ha chiuso i battenti proprio venerdì scorso, opera degli alunni e dei professori del liceo artistico “Mannucci”, sul percorso francescano, allestita nella Quadreria di palazzo Bisaccioni.

È toccato alla professoressa Allì Caracciolo, docente di storia del teatro all’Università di Macerata, regista, poetessa e scrittrice, chiudere il ciclo, venerdì 30 ottobre, proponendo la figura  di un santo che, attraverso i secoli, ha interessato, e molto, non solo uomini di fede  ma anche non credenti.  Da Dante a Leopardi, per arrivare a Saramago e Dario Fo. Titolo, infatti, della sua conferenza “La povertà non è una virtù. L’eredità di Francesco d’Assisi tra Saramago e Fo”.

«Certo san Francesco – ha rilevato la Allì – non poteva immaginare che avrebbe costituito un modello per l’umanità anche perché nascere ricchi, come lui, e capire che la vera ricchezza è quella che sta dentro di noi, nello spirito, non è da tutti.  La povertà, di conseguenza, non è una virtù, è uno stato coatto indotto dagli uomini, è lugubre frutto della società. I valori religiosi costituiscono un livello in più, ma nessuno è esentato dalla giustizia».

La vera giustizia è restituzione, per questo il povero tra i poveri è moderno,  perché afferma il suo credo senza ricorrere alla violenza. Convince se stesso per convincere gli altri. Solo in questo modo la povertà diventa virtù. E’ la difesa della giustizia al di là del divino, che lo rende profeta di una umanità meno iniqua.

Un san Francesco, dunque, filtrato stavolta attraverso un’ottica laica ma che non per questo ne scalfisce il messaggio rivoluzionario perché «anche il non cristiano è accomunato dalla medesima sorte di tutti. Come scrive il Leopardi, il suo è un atto di medesimezza umana, cioè nella condizione di persona completamente uguale a tutte le altre. La sostanza di cui siamo fatti non è volontaria, il cercare di discostarsi da essa è  volontario». E questo ci allontana dalla solidarietà.

Ma è anche la figura Christi delineata da Dante (canto XI Paradiso), cioè la rappresentazione luminosa del Cristo in terra che conquista tutti coloro che incontra.

San Francesco è un uomo esemplare per Dario Fo, Nobel 1997, e Josè Saramago, Nobel 1998, entrambe atei.

Il primo con la sua opera teatrale “Lu santo Jullare Francesco” che lo descrive come colui che rompe con i canoni del tempo, rifiutando l’andamento del sermone per commuovere divertendo. Pace, guerra, amore per la natura, fratellanza, dolore, gioia, ricchezza, umiltà: temi di ieri ma attuali anche oggi.

«Francesco commuove così il cuore degli uomini, per elevarlo alla gioia spirituale. Ed è necessaria una giustizia sociale perché vi sia un popolo giusto».

Con il portoghese Saramago e la sua opera teatrale “La seconda vita di Francesco”, il santo viene catapultato quasi nel mondo contemporaneo «per mostrarcelo alle prese con grosse incomprensioni con lo stesso ordine da lui fondato. E scoprire come il suo verbo sia stato tradito dai suoi stessi confratelli. Rimane, comunque, ben netta la figura di san Francesco che condusse una vita aspra senza cedimenti alle comodità, in un percorso segreto della trasgressione tramite la quale ci ha comunicato la verità».

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