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Jesi “Le ferite del Vento“, al Pergolesi applausi ed emozioni

Cochi Ponzoni e Matteo Taranto in un testo coinvolgente ricco di sfumature soprattutto quando affronta e racconta un’ossessione amorosa omosessuale che alla fine insegnerà come il cuore batte e allontana, se vuole, dal piatto della vita, le contraddizioni umane

di Giovanni Filosa

Jesi, 30 marzo 2023 – Il teatro fa discutere. E’ il suo mestiere. Il teatro contiene in seno due interpreti: l’attore (o gli attori) e il pubblico. Interagiscono. Ma qualche volta no.

E allora il messaggio che dal palcoscenico arriva in platea capita che ritorni sulla scena distorto. Non compreso. Divertito. Ossessionato. Oppure un tripudio di occhi grandi così e applausi a non finire.

“Le ferite del vento”, visto al Teatro Pergolesi per la Stagione di prosa 2023 (di cui parleremo più diffusamente a bocce ferme) mi ha coinvolto perché mi ha fatto semplicemente tornare indietro. Dopo aver frequentato e amato decine di opere teatrali greche, latine, che affrontavano il tema dell’omosessualità come punto di partenza, questo lavoro di Juan Carlos Rubio, direttore teatrale e drammaturgo spagnolo, non mi ha provocato, per la tematica che vi racconterò a breve, affatto turbamento.

Platone, dico Platone, nel “Simposio” è il primo a dire che a discriminare l’omosessualità non sia la natura ma la legge, affermando che “ovunque è stabilito che è riprovevole essere coinvolti in una relazione omosessuale, ciò è dovuto al difetto dei legislatori, al dispotismo da parte dei governanti, a viltà da parte dei governati.

Quindi un “lavoro” che tocca, nel 2023, (anche se scritto pochissimi anni prima) tematiche ridiventate scottanti nell’opinione pubblica, affascinata dai benpensanti conservatori di valori, mi piace giusto perché ci fa la rima.

La trama

Il giovane Davide, alla morte del padre Raffaele si ritrova a dover sistemare le sue cose. Nel perfetto ordine degli oggetti lasciati dal genitore, uno scrigno chiuso ermeticamente attira la sua attenzione. Dopo aver forzato la serratura, per la quale sembra non esistere nessuna chiave, al suo interno scopre una fitta corrispondenza ingiallita dal tempo. La lettura di quei fogli, ricevuti e gelosamente conservati, lo porta a conoscenza di un segreto che mai avrebbe potuto immaginare: il padre aveva una relazione con Giovanni, il misterioso mittente di quelle lettere appassionate. Chi è questo sconosciuto che improvvisamente emerge dalle ombre della memoria? Dopo un primo momento di sconcerto, Davide decide di affrontarlo. Nel corso di tre intensi confronti che generano un flusso di parole di una potenza deflagrante, si fronteggiano Giovanni, ironico e divertente, capace di strappare un sorriso anche di fronte al dolore della perdita, e Davide, irruento e orgoglioso, che ci rende partecipi della sua legittima smania di sapere”.

Di più non mi è dato raccontare. La storia, bè, quella si dipana su piani paralleli, mette fuori lentamente la testa e si snocciola con confronti, lotte, attimi di rabbia e ironia, leggerezza e profondità. Il vento soffia feroce e leggero sulle tende e sulle stanze, scava nel dolore o lo rimargina, mentre due generazioni si scontrano, si scambiano gli indirizzi mentali per come elaborare un lutto comune o quasi, si accaniscono sugli insegnamenti che la differenza delle generazioni fa inevitabilmente emergere.

Come si può amare un padre che non si è conosciuto a fondo? Come si può amare un padre irreprensibile ed anche freddo, forse, con i suoi più familiari, che si innamoradicono le letteredi un altro uomo, gaudente e tronfio dei suoi milioni ereditati che gli permettono di fare una vita al di sopra delle righe? Ma è poi vero che viviamo nell’epoca delle passioni tristi, a dirla con Galimberti? O sarà perché non si conoscono i propri, veri e reali, sentimenti?

Sono tante domande messe insieme, mentre Davide, momento dopo momento, pare non riconoscere più la figura di suo padre e il vecchio Giovanni, l’amante, regala lezioni sulla presenza e sull’assenza di un genitore e di un innamorato. Il testo, dicevo all’inizio, è molto coinvolgente, ricco di sfumature soprattutto quando affronta e racconta un’ossessione amorosa che alla fine insegnerà che il cuore batte e allontana, se vuole, dal piatto della vita, le contraddizioni umane.

Cochi Ponzoni ha disegnato un personaggio con felice arguzia, comicità e cupo dramma, uscendo subito dal disegno macchiettistico e stereotipato dell’omosessuale che ci hanno fornito in passato qualche film di successo o racconti o canzoni. La sua “appartenenza” al Teatro è evidente e totale.

Matteo Taranto parte che sembra indeciso, ma poi si destreggia dentro la trepidazione della scoperta dei sentimenti, la sua inquietudine diventa forza che lo porterà al confronto finale. Questo lavoro, che credo sia salpato recentemente nel panorama di prosa italiano, ha una gran voglia di prendere un ritmo definitivo e merita gli applausi che gli ha tributato il Pergolesi intero.

Alla fine consueto incontro con gli attori, una buona abitudine. Presenti l’assessore alla cultura Luca Brecciaroli, lo storico del teatro Pierfrancesco Giannangeli, gli attori e l’ottimo regista Alessio Pizzech. 

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