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JESI Luigi Bacci, il ricordo del “numero uno” della Banca Popolare

Un personaggio dalla mente fervida e creativa, poche parole, tante interiori certezze, volontà di operare con idee chiare in prospettiva

Certo, meritava  proprio che avessimo una memoria riferita all’ex direttore dell’ex Banca Popolare. Hanno provveduto, e li ringraziamo, i figli del nostro personaggio Luigi Bacci con una pubblicazione a cura di Augusto Ciuffetti e di Marco Torcoletti, edita da Il Mulino. La sua vita e la sua opera sono inquadrate in un ampio respiro degli aspetti socio-economici generali negli anni in cui egli ha operato.

E poiché anch’io, come tantissimi sia a Jesi che  nella Vallesina e nelle Marche, mi onoro di aver avuto conoscenza e rapporti con il numero uno in assoluto della banca oggi finita in Intesa Sanpaolo, desidero ricordare alcuni gradevoli motivi personali. Ero responsabile agli II.RR.BB. quando mi si chiese di metter su un comitato che trovasse la via per realizzare il monumento ai caduti. Siamo nel 1967. Tra le tante telefonate, una ne feci a Bacci per chiedere una rappresentanza della sua Banca. “Ci penso un momento”.

Dopo qualche giorno mi telefona il generale in pensione Armando Marasca, allora presidente della Popolare, e mi comunica di accettare volentieri l’impegno, anche se non in rappresentanza della banca, ma a titolo personale. Benissimo. Con Marasca ci conoscevamo molto bene. Lo nominammo vice presidente già nella prima seduta del comitato. E fu un grande collaboratore durante  tutta la vicenda. Negli anni ’80 chiesi a Bacci, a nome dei presidi delle superiori, un sostanzioso contributo per organizzare alcuni incontri culturali di alto livello, con oratori di primo piano. In due anni avemmo ben tre milioni e organizzammo otto incontri, tutti presso il salone degli specchi del Circolo Cittadino, tanta fu la partecipazione.

Il libro di cui sopra, a pag.113, recita: “Verso la fine del 1975, infatti, all’interno della banca inizia a maturare l’idea di realizzare un nuovo grande Centro direzionale nel quale accorpare tutti gli uffici…”.

Non è proprio così. La mente fervida e creativa di Bacci già nel marzo del ’75 aveva ben chiaro il disegno generale di quello che sarebbe stato poi l’Esagono. Infatti egli mi telefonò in quel periodo per un appuntamento. Ci vedemmo nella mattinata seguente proprio nel mio ufficio di Sindaco. In poche parole, e con una semplicità da far pensare ad iniziative piuttosto modeste, mi fece presente l’intendimento della banca di realizzare nella zona industriale un edificio di un certo rilievo date le molte nuove esigenze logistiche e organizzative che si erano venute  creando negli ultimi anni.  E concludeva chiedendomi se ci fosse qualche impedimento giuridico da parte del Comune per l’insediamento nella zona industriale.

Prima espressi la mia positiva meraviglia visto che, appena dopo pochi anni che la Popolare aveva realizzato la nuova direzione nello sportello del Corso, già era nella necessità di un rilevante ampliamento. Aggiunsi che, certo, niente ostacolava la realizzazione del progetto. Anzi! Fu un incontro di non più di mezz’ora, ma questo era l’uomo. Poche parole, tante interiori certezze, volontà di operare con idee chiare in prospettiva. Da parte di qualcuno verrà da domandarsi il perché della richiesta  del  chiarimento e del dubbio che da parte dell’Amministrazione ci potesse essere qualche impedimento. Il dubbio era nato – ma lui non me lo disse – dal fatto che si era diffusa la notizia che la lottizzazione dello spazio del vecchio aeroporto prevedeva soltanto l’insediamento di imprese produttive più un blocco di lotti  riservato all’artigianato. Il che era vero, ma non in senso assoluto.

Anche una banca poteva essere considerata “produttiva” seppure  non offrisse niente di materiale. Però produceva ricchezza! Ma quel che più aveva messo alcuni in allarme, era stato il fatto che io fui costretto ad intervenire non so quante volte con ordinanze e con i vigili urbani per ottenere che la ditta che aveva provveduto all’asfaltatura di tutte le strade della lottizzazione – una ditta che si era ben piazzata nel cuore dell’ex aeroporto – pretendeva di rimanervi per continuare la sua attività di frantumazione e lavorazione di materiali inerti necessari per l’asfaltatura.

La cacciammo perché sarebbe stato inconcepibile lasciarla in quanto produceva un polverone enorme che andava quotidianamente spandendosi per tutta la zona. Il suo compito era terminato e la sua attività era in totale contrasto che la normativa della lottizzazione in discussione. Il suo allontanamento fece scalpore per le polemiche sollevate ed ebbe interpretazioni diverse. Di qui anche il dubbio di Bacci.

Infine ricordo con piacere una lunga conversazione con il direttore, su mia richiesta, passeggiando lungo via San Pietro Martire e dintorni. Era andato in pensione da qualche mese ed io dovevo scrivere un articolo per una rivista socio-politica regionale su tutta la vicenda della Popolare. Avevo bisogno di qualche chiarimento, anche se, come socio, avevo partecipato alla famosa assemblea con la quale si decise l’intesa con la Popolare di Bergamo, ma qualche cosa non mi quadrava.

Mi chiarì molti dettagli.

 Vittorio Massaccesi

(da Voce della Vallesina)

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