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Coldiretti Invasione cinghiali, la protesta giunge a Roma

«Non vale la pena di piantare, perdiamo reddito, qualità e biodiversità», necessario un piano straordinario di abbattimenti

Ancona, 28 maggio 2022Giovani, tenaci e arrabbiati per le coltivazioni devastate dai cinghiali.

C’era anche una delegazione marchigiana alla grande manifestazione nazionale di Coldiretti che ieri mattina ha protestato a Roma contro un’invasione che sta portando danni alle coltivazioni e pericolo nelle strade visti i numerosi incidenti stradali, 478 nel 2021 dice la Regione Marche di cui, secondo i dati Asap, ben 13 con feriti gravi.

Mauro Tidei ha 27 anni e a Sarnano è titolare di un allevamento e produce formaggi. Vive a ridosso del Parco dei Sibillini e da tempo ha dovuto dismettere la coltivazione di pisello proteico che veniva poi impiegato per l’alimentazione dei suoi animali.

«È diventato impossibile – denuncia – abbiamo lavorato per anni per avere qualità e prodotti interamente del territorio ma ora sono costretto ad acquistare mangimi da terzi. Il che mi penalizza parecchio perché essendo una piccola realtà non posso essere competitivo con i prezzi e ora, con l’aumento delle materie prime la situazione è anche peggiorata. In generale come agricoltori non abbiamo più la possibilità di poter effettuare le nostre scelte imprenditoriali riguardo alle semine».

Cinghiali ghiotti, ovviamente, anche di altre colture.

«Come il mais da polenta – aggiunge Mauro – che dava un bel reddito alle aziende e rappresentava un prodotto di qualità per la nostra regione. Il paradosso è che adesso l’Europa ci chiede di produrre di più ma non possiamo farlo perché questi animali fanno man bassa di tutti i cereali».

Il tutto senza dimenticare la Spada di Damocle della peste suina. La malattia non è trasmissibile agli esseri umani ma per i maiali è altamente contagiosa e letale. A rischio, dopo i casi riscontrati in Piemonte, Liguria e Lazio, l’intero comparto suinicolo marchigiano – con le eccellenze della norcineria – ma il pericolo riguarda anche altri comparti visto che le misure di contenimento arrivano a prevedere il divieto di raccogliere funghi e tartufi, le attività di pesca e perfino il trekking, le passeggiate in mountain bike e tutte le altre attività che potrebbero portare a un’interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti.

Un danno, quindi, non solo al settore zootecnico ma anche a tutta l’economia del bosco, delle aree interne e del turismo. Non ha a che fare con il Parco dei Sibillini ma con la Riserva del Monte San Vicino e Caifaito, invece, il 32enne Massimo Giommi, che a Isola di San Severino ha rinunciato a coltivare granturco, girasole e ceci.

«Quest’anno ho messo il lino – racconta – sembra che non piaccia ai cinghiali. Io sto proprio a ridosso della Riserva: li vedo uscire la sera a branchi di 20/30 capi. Poi al mattino tornano all’interno della Riserva dove se ne stanno indisturbati. Sono talmente tanti che è inutile piantare le colture primaverili».

La situazione è diventata insostenibile in città e nelle campagne con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole ma – sottolinea Coldiretti – viene compromesso anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale.

Per questo si ritiene necessario un piano straordinario di abbattimenti per ripristinare l’equilibrio ambientale e tutelare la biodiversità che così viene compromessa.

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