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Jesi

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

INTO THE GROOVE

 

gioia1Sono lì che passeggio direzione Largo Salvatore Allende e a un certo punto mi ritrovo a costeggiare il parco cittadino. Lo sguardo mi cade sul monumento ai Caduti, sugli alberi, il baretto di legno, la pista di pattinaggio e, ovviamente, le panchine sparse qua e là, dopo le quali panchine l’associazione in testa nasce spontanea e più veloce della luce: MA QUANTE POMICIATE CE SEMO FATTI LÌ I GIARDINI, EH??

Ecco, oggi si disquisisce dell’eccelsa bellezza del POMICIO, che è cosa sacra e giusta. E per “pomicio” intendo la cornice ampia e variopinta che include il quadro “pomiciata”, ovvero la magnificenza del primo incontro, il batticuore, il nascondersi dalla folla (ma manco tanto), i tentennamenti, gli occhi che si cercano, le mani che si intrufolano, la scoperta dei lembi di carne, il crescendo dei pensieri scomposti che culminano in un unico e assillante tarlo per entrambi: LUI > me la darà? LEI > che faccio, gliela do??

Oh, lettore balordo, seguace delle mie deculturate righe domenicali, qualunque età tu abbia, qualunque sia la tua storia, qualunque orizzonte abbracci il tuo orientamento sessuale, se tu sei nato e cresciuto a Jesi, tu hai pomiciato ai Giardini Pubblici. Dietro le frasche in fondo, zona vasca coi pesci, ti sei accartocciato col partner su una panchina scalcinata sotto ai pini, dove hai srotolato voglioso e lascivo circa 15 metri de lingua a spenzolo. Oh, Signore, dacci oggi i nostri 15 metri de lingua a spenzolo quotidiana, facci scartavetrare dalle frasche e liberaci dall’astinenza, amen.

donnineEcco, adesso ho un flash-back…mi rivedo baldanzosa e giuliva in tutta la meravigliosa inconsistenza dei miei 16 anni: anfibi neri, Levi’s 501 (strappati), orecchini a voliera de cocorita, bracciali come se piovesse e grandinasse, ciuffo laccato della serie “l’ozono questo sconosciuto”, spalline spaziali genere Raffaella Carrà che canta “Rumore”, rigorosamente incastrate sotto le bretelline del reggiseno. Sono lì, affacciata alla finestra di via Erbarella e aspetto trepidante. Ecco…lui finalmente arriva sotto casa…PEEE-PEEEE…due pigiate eloquenti di clacson…io scendo di corsa… il cuore mi sale in gola…entro in auto e ho sì e no il coraggio di guardarlo…allora fisso un punto a caso sul cruscotto e sparo cazzate a random cercando di fare la disinvolta (già da piccola mantenere sempre e comunque l’aplomb era un mio imperativo categorico). Siluro nell’aria minchiate distrattive ma ho un unico chiodo fisso in testa da almeno 3 ore: azionare la trivella e morire nella sua bocca. Oh, Signore, dammi oggi il mio chiodo fisso quotidiano, immolami nel trivellone e liberami dalla fiatella, amen.

Non so come funziona nel 2016, ma ai tempi della mia adolescenza, prima de pomicia’ con qualcuno, c’era una frase di rito che valeva come richiesta di “fidanzamento”…Pensavo fosse un’espressione squisitamente jesina e invece, dopo accurate indagini (perché c’è pure uno STUDIO dietro le mie cazzate, che ve pare??), ho scoperto che tutti i maschi marchigiani negli anni ’90 rimorchiavano con la stessa fatidica domanda ovvero (rullo di tamburi e corposa pausa di sospensione)….: “vuoi veni’ con me?”…Quanto eravamo semplici, eeh?? Cioè lui fingeva con quel verbo vago e tendenzioso di volere compagnia, che so, per una passeggiata, un giro in bicicletta, una vasca per il corso, ma in realtà chiedeva implicitamente “pomiciamo?”….e se lei era stronza (e di stronze ce n’erano!) lo induceva al coraggio delle sue fantasie limonatorie e con ghigno satanico di scherno dopo “vuoi venire con me?” rispondeva a tradimento “dove??”, il che equivaleva a “non te pomicerei manco se fossi l’ultimo stronzo della terra”. In questo caso il malcapitato scavava una buca nel terreno e ci si sotterrava dentro per l’eternità. Generazioni di autostima maschile annientate da un avverbio…che vi credete? Mamma mia, che razza perfida, le donne, eh?? Invece io, che sono 25% donna, 25% òmo e 50% faina, come un cecchino individuavo a venti metri di distanza chiunque si avvicinasse con intenzioni pomiciatorie. Il portatore di lingua non mi interessava? Tempo un nanosecondo e non c’ero più, sparita tipo Copperfield l’illusionista (maga della fuga già a 16 anni!). Se, al contrario, il lui in questione mi piaceva…aah beeh…se mi piaceva… lo puntavo col fucile dello sguardo (sempre a distanza di venti metri) ed era spacciato. Lui non lo sapeva, ma era già morto. Morto di rifrullo. Oh, Signore, dacci oggi i nostri venti metri quotidiani, rimetti a noi le nostre fucilate e liberaci da Copperfield, amen.

Weh, non per vantarmi, ma sono cintura nera di pomicio, sappiatelo. Pertanto, occhio a non oltrepassare la linea di sicurezza, perché mi scatta Louise Veronica Ciccone in testa, mi sale la pinna da squalo e, chi c’è-c’è, io spennello! Una raccomandazione: maschi, siate GENTILI per piacere! Non fate al solito vostro che infilate quel mezzo chilo de filetto a soffocò nell’esofago…come ve se deve dì che rende de più un pelo de dolcezza, che carri de stantuffate a casaccio?! Oh, Signore, dacci oggi quel mezzo chilo de filetto quotidiano, rimetti a noi i nostri stantuffi e liberaci l’esofago, amen.

Consigli finali: 1) lavatevi i denti 2) spegnete il cellulare 3) BACIATEVI, BACIATEVI A LUNGO, BACIATEVI SPESSO, LASCIATE IL MONDO FUORI DALLE LABBRA E BACIATEVI.

E adesso, tu che mi stai leggendo, appiccia la sigla conclusiva Get into the groove (boy you’ve got to prove your love to me) e semplicemente, onestamente, audacemente SII IL POMICIAMENTO CHE VUOI VEDERE NEL MONDO (Mahatma Morici).

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