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JESI Covid-19, lo psicologo Fratesi: «Sottoposti a una violenza molto forte»

«Trovarci “limitati” brutalmente nei movimenti e quindi anche nel pensiero, provoca sicuramente uno shock», e intanto aumenta la vendita di tranquillanti

JESI, 24 marzo 2020 – Diciamo che per noi ragazzi del dopoguerra quello attuale è il momento più difficile, contrastato, confuso che abbiamo mai passato.

Certo, abbiamo vissuto, un po’ da lontano, varie guerre, dal Vietnam alla Corea, il sessantotto, le guerre fredde, la Jugoslavia, il crollo del Muro, gli eccidi e l’assassinio di popoli che ci sono fratelli comunque. Li abbiamo vissuti, questi eventi (ma ce ne sono altre migliaia di guerre da non dimenticare) con la passione del nostro essere liberi di giudicare, coinvolti in un modo o nell’altro, fino in fondo.

A ognuno la propria idea. Ora il nemico che ci ha dichiarato guerra è entrato dalla porta principale della nostra nazione e ci ha trovati impreparati a una rivoluzione sociale, dei costumi e del nostro libero arbitrio.

Ne parlavo con lo psicologo Claudio Fratesi proprio in questi giorni, ovviamente al telefono.

Claudio Fratesi

Non potevamo non essere d’accordo che la nostra vita ha subito una sterzata, negli ultimi mesi, che ci ha fatto finire in testa coda.

Questo virus – chiamatelo come vi pare, per me resta virus e basta, anche se è classificato come coronavirus o Covid-19 – ci ha stravolto.

È vero – mi dice Fratesi -. Perché ci porta a deviare da principi che consideravamo consolidati, come muoversi, come gestire il nostro concetto di libertà. Siamo sottoposti a una violenza molto forte data dalla paura della morte e soprattutto dalla drammatica sensazione di incontrollabilità e di isolamento. Non sappiamo ancora quanto durerà, chi colpirà, quello che accadrà, è come se fossimo inseriti in un laboratorio sociale. Ci sembra di essere in guerra anche oggi, nelle nostre teste c’è una sorta di coprifuoco, dopo anni di vera o presunta libertà, trovarsi “limitato” brutalmente, direi nei movimenti e quindi anche nel pensiero, provoca sicuramente uno shock, più o meno palese.

Credi che l’intervento di uno psicologo possa tornare, anche a distanza, utile in momenti di crisi come questi?

In questi giorni sto facendo dei colloqui via Skype con i miei pazienti, colloqui che non possono ovviamente sostituire quelli dal vivo. Però in momenti particolari possono garantire una continuità, un contatto. Si sente spesso l’esigenza di scavalcare lo schermo e cercare di sentire vicina la persona che sta dall’altra parte.

Non si può durare a lungo in tale situazione, è certo! Queste limitazioni relazionali possono uccidere la società anche in modo diverso, perché c’è la violenza data dalla paura del virus, cui si aggiunge una violenza interiore data dall’impossibilità di condividere in maniera sana queste emozioni che sono molto intense. Ho il timore, in sostanza, che le persone, atterrite, si difendano psicologicamente rifugiandosi in reazioni istintive, poco razionali.

È istintivo il comportamento di chi per difesa minimizza il problema e scioccamente non rispetta le norme contro il contagio ed è altrettanto istintivo e pericoloso il comportamento di chi si fa travolgere dalla paura e diventa intollerante e in taluni casi aggressivo. Domenica scorsa ho sentito un tizio urlare dal balcone «Siete tutti coglioni, siete tutti coglioni», a squarciagola. Non sono segnali da sottovalutare.

I media dovrebbero informarci senza proiettarci in un film di fantascienza, informarci ma allo stesso tempo tranquillizzarci per aiutarci a gestire questa emergenza. Cioè, ti faccio un esempio che fa parte della quotidianità: tu pensi di andare a fare, da solo e a distanza da tutti, una passeggiata al mare, in campagna, ovviamente seguendo tutte le indicazioni di sicurezza. Ti dicono che non è più possibile. Ma perché, se sono solo e non c’è nessuno vicino, rischio lo stesso qualcosa? Forse il virus si trasmette anche in altre forme? Fatecelo sapere, per piacere.

C’è bisogno anche dello psicologo, in momenti come questi?

Questa è psicologia dell’emergenza, e credo, seguendo vari sistemi cioè partendo dagli incontri in video a quelli in vivo, con le opportune protezioni, che sarebbe un sostegno molto utile, come accade in tutte le calamità, dai terremoti alle guerre. Basta pensare alle situazioni familiari o sociali stravolte, in cui la libertà non è più un valore bensì un disvalore, un problema. Un problema che genera quella paura nel non saper controllare la situazione. Chi sostiene i più anziani? Loro, che hanno paura di morire vecchi e soli. Credo sia necessario un sostegno per le prossime settimane che si annunciano particolarmente dure.

A questo proposito, ho chiesto ai farmacisti Barbara e Francesco Moretti (foto in primo piano) se la vendita alla clientela di medicinali contro l’ansia in genere sia aumentata o no in questi giorni.

Un incremento di richiesta di tranquillanti, ansiolitici, ipnotici c’è stata. Non possiamo dirti – spiegano – se tutto questo è attribuibile all’epidemia in corso oppure no, ma crediamo comunque di sì. Il momento è difficile, lo stato d’animo della gente è sicuramente cambiato, crea ansia in ciascuno di noi. L’incremento maggiore è stato nei farmaci naturali, nella naturopatia, dalla valeriana alla passiflora al biancospino. Nel campo della fitoterapia in sintesi c’è un netto aumento. Abbiamo molte richieste telefoniche di consegne a domicilio, il lavoro è davvero tanto impegnativo.

Alla luce di quanto detto è evidente la necessità primaria per tutti di essere rassicurati con competenza, evitando le comunicazioni emotive e attivando una rete di ascolto.

Giovanni Filosa

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