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JESI HEMINGWAY THEATRE, A TU PER TU CON LUCIA BENDIA E FRANCESCO BACCINI

Francesco Baccini

Saranno protagonisti sul palco in piazza delle Monachette domenica 19 agosto alle 21.30. Il musicista celebra i suoi 30 anni di carriera, l’attrice lo accompagnerà anche con un monologo scritto appositamente per l’evento jesino  

JESI, 13 agosto 2018 –  Sembrano una strana coppia ma poi, se gratti via la superficie, capisci che sulla scena non lo sono. Il cantautore Francesco Baccini e l’attrice Lucia Bendia saranno domenica 19 agosto alle 21.30 a Jesi in piazza delle Monachette per il primo, atteso appuntamento di Hemingway Theatre.

Baccini celebra i 30 anni di una prestigiosa carriera condotta spesso controcorrente e all’insegna del non politicamente corretto mentre la Bendia lo accompagnerà con un monologo originale scritto appositamente per l’evento jesino.

Lucia Bendia cosa porterà in piazza delle Monachette e come ha conosciuto Francesco Baccini? 
«Farò un pezzo di apertura a sorpresa e poi con Francesco condivideremo alcuni momenti sul palco. Il mio è un monologo che debutta all’Hemingway Theatre, un monologo scritto su un’affinità che io e Francesco abbiamo, una caratteristica che inizia con la lettera B e che farà sorridere gli spettatori. Il tema è un amore ma non certo un amore tradizionale; è un monologo leggero e anche se mi vedono tutti come un’attrice impegnata mi piace cimentarmi col mio lato divertente. Con Baccini ci siamo conosciuti tre mesi fa sul set di un film, in cui interpretavo il ruolo di sua moglie: un film incentrato su una violenza domestica ma noi eravamo l’unica coppia che faceva da contraltare a questo clima violento».
Francesco Baccini quest’anno festeggia 30 anni di una carriera fortunata. Gli spettatori jesini quindi potranno godersi i suoi pezzi migliori? 
«Certamente! Sono un cantante e un musicista e questo mestiere mi piace molto anche se in questi trent’anni ho visto cambiamenti epocali e la musica è andata via via sempre peggiorando. Mi pare proprio che ora la musica sia quasi un sottofondo per ballare mentre nella mia gioventù era una cosa molto importante, i testi avevano molta importanza, c’era soprattutto musica d’ascolto».
Il suo animo genovese è sempre polemico e corrosivo o è diventato più morbido e tollerante? 
«E’ così, non mi sono annacquato! Oggi non vedo certo autori o gruppi musicali di rilievo tipo gli Earth Wind and Fire. La loro era considerata musica commerciale ma era di grande qualità con una sezione fiati straordinaria; la musica commerciale di oggi è poca roba. La tecnologia ha permesso a tutti di sentirsi musicisti: basta un computer, alcune campionature, sequenze, loop. Ma questa è la vera musica? Questi sono i nuovi musicisti? Io credo fermamente di no: così la meritocrazia anche nella musica va a farsi benedire».
Sei sempre stato considerato un cantautore sui generis. Ci sono canzoni a cui ti senti più legato? 
«La musica per me è sempre stata sperimentazione e desiderio di percorrere strade nuove. La mia soddisfazione maggiore era sentirmi dire che non somigliavo a nessuno, che ero originale. Certo anche io ho avuto i miei modelli e maestri: prima di tutto la musica classica e il primo concerto a cui ho assistito è stato del grande violinista Uto Ughi. Poi mi sono avvicinato alla musica leggera ma di grande qualità: Genesis, Pink Floid, la Pfm, Guccini, De Andrè, De Gregori, il primo Bennato. Per me contano molto le parole, la bellezza dei testi. Forse la canzone a cui sono più legato è “Le donne di Modena” che testimonia il mio eclettismo. Mi è sempre piaciuto spaziare in mondi musicali completamente diversi. E questa caratteristica l’ho mutuata dai Queen e da Freddie Mercury».
Gianluca Fenucci
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