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JESI I “SENZA CAPO NÉ CODA” AL “PICCOLO” CON UN CONCERTO DEDICATO AI CANTAUTORI

Quando hanno cantato “Lontano, lontano” hanno aggiunto ricordi ai ricordi

JESI, 31 dicembre 2019 – Non so se ci voleva o no questa serata ruffiana a San Giuseppe, con un “Piccolo” gremito in ogni ordine di posti, giovani e meno giovani (noi anziani, invece, relegati in uno spazio dal quale emanava un effluvio, una fragranza di pannolone appena toccato da due gocce di sentimentalismo e ricordi) e degli esseri suonanti e cantanti sul palcoscenico.

Erano in scena i “Senza capo né coda”, gruppo che spazia nel panorama musicale, qualche volta si arrapa nel rock che sbatte e qualche altra va verso il pop, perché è capace di tutto.

L’altra sera ha spaziato, per un paio d’ore, sui cantautori, e per far capire che intenzione avevano hanno piazzato, sui titoli di testa, la canzone originale di Elisa e Francesco De Gregori, “Quelli che restano”, una costruzione di poesia, musica e parole che sembra uscita da un viaggio nel cuore e nella mente per sbarcare, poi, nell’Itaca di ognuno di noi.

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Le prove estive

Un capolavoro, sempre poco passato dalle radio costrette a tutt’altro genere musicale.

Io mi sono messo comodo, visti i presupposti, e mi sono detto che, insieme a qualcun altro, avrei fatto un viaggio a ritroso nella mia mente.

Così è stato, senza soluzione di continuità si è passati da De Gregori a Gino Paoli, da De Andrè a Umberto Bindi, da Sergio Endrigo (che meraviglia) a Lucio Dalla e Vecchioni e molti altri grandi.

La canzone di Ernesto Girolimini

Non è stato come mettere un gettone in un jukebox tipo quello in foto, e sentire, ricordando (io) magari il baretto al Disco di Falconara, con “Sapore di sale” che spopolava insieme all’aumento, in automatico, del testosterone quando i nostri occhi vedevano qualche bikini che oggi farebbe sorridere anche al Summer Jamboree di Senigallia.

Ho cantato tutte le canzoni, l’emozione maggiore però l’ho avuta quando Ernesto Girolimini ha intonato “Lontano, lontano”, una delle poesie di Tenco che mi ha risvegliato le suggestioni di ieri e quelle di oggi.

Il bello è stato osservare, da dove ero, i giovani che non conoscevano che poche delle canzoni eseguite ma sono convinto che ne abbiano apprezzato quanto meno testi ed arrangiamenti, perché la musica oggi diventa, spesso, una specie di optional.

Serata ruffiana

Ecco perché dicevo che la serata è stata ruffiana, non si fa così, carissimi Enrico, Adelchi, Luciano, Fausto, Waner, Ernesto il frontman.

La strada scelta, quella dei cantautori, non vuol dire – e sono qui la furbizia e la capacità di chi mette insieme certe serate/concerto che lusingano – che era meglio quando eravamo ragazzi e ascoltavamo certi mostri sacri ancora, per lo più, sul palcoscenico della nostra mente e del nostro immaginario.

Vuol dire l’importanza di far ascoltare prima, e poi sentire, la musica ed i testi più belli degli ultimi cinquant’anni. Difficile dimenticare, oltre alla “mia” “Lontano lontano”, “Il nostro concerto”, “Quando ti ho vista arrivare” e… mi fermo qui.

Anzi, ci aggiungo una strepitosa “Creuza de ma”, senza una sbavatura.

Un concerto in cui si è vista, dai momenti scenici e da vari passaggi, l’amicizia di alcuni dei protagonisti che si sono spesso presi allegramente per i fondelli.

Ragazzi, non è stata un’operazione nostalgia, non si è sbattuto sulla batteria, non ci sono stati ritmi da rock più o meno progressivo né tanto meno quel pop anche troppo uguale a se stesso.

Forse c’è bisogno di qualche limata in corso d’opera, ma aspettiamo, a marzo, un bel concerto anche ad Arcevia. Sono aperte le iscrizioni.

Giovanni Filosa

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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