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JESI Il professor Fabio Mariano: «Lo spostamento della fontana un atto dovuto»

«Portata in uno spazio vocato ai sentimenti religiosi divenne un soprammobile a secco, mentre caratterizzava un luogo laico della città»

JESI, 21 ottobre 2020 – Il professor Fabio Mariano ha detto chiaramente la sua in merito allo spostamento della fontana dei leoni: una opinione che non lascia dubbi di sorta.

«Riportarla in Piazza della Repubblica – ha infatti sottolineato – sarebbe il risarcimento di un danno urbanistico provocato alla città. Il monumento al centro è un abbellimento indispensabile in questo spazio urbano che senza niente non ha alcun senso, e lo si può percepire anche ora. Oggi Piazza della Repubblica non è più una piazza vissuta, è un buco. Quindi riportarlo nella sua sede è un atto dovuto».

Architetto, storico dell’architettura, professore ordinario di restauro architettonico alla facoltà di ingegneria della Politecnica, Fabio Mariano ha anche dedicato, tra le sue numerose pubbliczioni, due volumi alla sua «amata Jesi»: si tratta di Francesco di Giorgio e il Palazzo della Signoria, e di Jesi città e architettura, prima monografia sul nostro tessuto urbano.

Occasione dell’esternazione del suo autorevole pensiero in proposito, l’appuntamento, venerdì scorso a Palazzo dei Convegni, in un pubblico confronto – tra il pubblico, alla fine, due contrari e due favorevoli allo spostamento.-  nell’ambito di un percorso partecipativo, voluto dall’Amministrazione comunale, per far conoscere la fontana dei leoni, la sua ideazione, la realizzazione, lo spostamento e il dibattito che si è aperto per riportarla al suo luogo originario, desiderio espresso dal vignettista Cassio Morosetti, che all’uopo ha destinato, alla sua morte avvenuta nel marzo scorso, un lascito di 2 milioni di euro al Comune, dandogli tempo un anno per la realizzazione.

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Il sindaco Massimo Bacci

«Di fronte a un’elargizione così generosa – ha sottolineato Mariano nella video intervista realizzata da Francesco Maria Tiberi (foto in primo piano), che ha condotto la serata – la quale dimostra l’amore di quest’uomo per la storia della sua città, sarebbe assurdo non accettare anche se la realizzazione è legata a tempi brevi perchè, probabilmente, lui conosceva i problemi della nostra politica».

All’incontro – dopo il saluto dell’assessore Luca Butini e le conclusioni del sindaco Massimo Bacci – per il quale era doveroso da parte dell’Amministrazione intraprendere questo percorso di valutazione che vedrà una sua conclusione nel Consiglio comunale a gennaio – hanno preso parte anche l’architetto Stefano Santini, che si è soffermato sul progetto e la costruzione della fontana, e Massimo Ippoliti, il professore – scultore che ha proceduto al restauro nel 2007.

Piazza della Repubblica con l’obelisco al centro

«Bisogna considerare il luogo dove nasce l’allora Piazza del Teatro – poi del Plebiscito dopo il 1860 -, extra muraria, forse la prima della città moderna. La necessità – ha spiegato Fabio Mariano –  è quella di realizzare un’immagine, una forma di arredo urbano in senso moderno per quello che si stava caratterizzando come spazio laico della città».

Viene così chiamato, nel 1844, il giovane architetto Raffaele Grilli per il progetto – di ispirazione neoclassica, napoleonica – di questo nuovo monumento che deve servire, dunque, a caratterizzare una piazza alla quale mancava un centro di riferimento. E  lui produsse più di un disegno, con o senza obelisco centrale ma con la costante presenza delle leonesse – dalle quali si dipartivano i getti d’acqua per la pubblica utilità – realizzate dallo scultore Luigi Amici che con Grilli collaborava. Predispoto anche un impianto idraulico che convogliava il flusso da diverse sorgenti al centro della piazza, «cosa che non avvenne quando si decise di spostarla in Piazza Federico II».

«La facciata del teatro – ha detto Mariano – Palazzo Magagnini e il retro del Palazzo Munipale erano le quinte principali che disegnavano un luogo quadrato, molto regolare, configuranti la prima piazza moderna di Jesi, oltretutto una piazza di rappresentanza laica. E lo spostamento nel 1949 avvenne in un luogo che rappresentava tutto quello che era la vita religiosa della città, con la presenza della cattedrale, di San Floriano e della curia. Un invaso della Jesi del culto».

Piazza della Repubblica

La conclusione del professore è ovvia: «La caratterizzazione delle due piazze aveva un significato ben preciso, lo spostamento di questo pezzo di decoro urbano fu un errore non solo architettonico ma anche contenutistico. Un vero scempio. Portata in uno spazio vocato ai sentimenti religiosi la fontana divenne un soprammobile a secco, dove non c’era neanche il rispetto funzionale, tanto è vero che non fu mai attivita l’acqua per rendere le quattro leonesse utilizzabili così come erano state pensate: un’umiliazione anche per loro».

Pino Nardella

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