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Cronaca

Jesi San Nicolò, «aprite la chiesa nelle ore diurne»

L’appello di Gabriele Fava e Massimo Belcecchi che dà voce al Comitato per la valorizzazione del bene architettonico, la posizione dell’Associazione dei Templari Cattolici d’Italia che ne gestisce le visite

Jesi Aprire la chiesa di San Nicolò negli orari diurni è la proposta di Gabriele Fava e Massimo Belcecchi del Comitato per la valorizzazione del bene architettonico, che hanno scritto una lettera aperta a padre Adrian Timaru, priore dei Carmelitani del Santuario della Madonna delle Grazie, per presentargli la proposta.

Attualmente l’accesso alla chiesa è gestito dall’Associazione Templari Cattolici d’Italia, in base a un accordo con l’Ordine dei Carmelitani ed è possibile visitarla il mercoledì e il sabato dalle 17.30 alle 19.30. All’interno i volontari dell’associazione forniscono informazioni di carattere culturale sul bene architettonico. Lo spazio può essere anche prenotato, sempre rivolgendosi alla stessa associazione, per organizzare all’interno eventi o manifestazioni, su corresponsione di un’offerta.

«Siamo aperti a valutare un ampliamento dell’apertura se ci sarà fatta richiesta o se c’è l’esigenza di promuovere la chiesa – ha spiegato Carlo Campana dell’Associazione Templari, che gestisce le prenotazioni e le visite a San Nicolò -. Ci capita anche di fare aperture straordinarie per gruppi che ce lo chiedono, insomma possiamo prendere in considerazione qualsiasi tipo di formula».

L’apertura diurna al pubblico permetterebbe infatti di visitarne liberamente l’interno, «in contrasto con la limitata agibilità esterna», sottolineano Belcecchi e Fava, ancora segnati dall’amarezza della vicenda che negli ultimi mesi ha visto il monumento più antico della città al centro di una battaglia per il distanziamento dall’adiacente complesso delle ex Giuseppine, nel quale sono stati realizzati appartamenti privati e al piano terra un centro per disabili di proprietà del Comune.

ex Giuseppine jesi
L’ex convento delle Giuseppine e la chiesa di San Nicolò

Distanziamento avallato dalla Soprintendenza, sì, ma in maniera molto ridotta rispetto alla richiesta del Comitato.

«Un obbrobrio per la città – lo aveva definito Gabriele Fava -. Stavolta non ce l’abbiamo fatta, gli interessi privati hanno avuto la meglio sul pubblico. Perdiamo definitivamente una guerra, ma a perdere è tutta la città».

I due fabbricati, infatti, saranno separati da un passaggio pubblico a cielo aperto e sarà restaurata a carico del condominio delle ex Giuseppine la navata laterale destra della chiesa di San Nicolò, nella parte di aderenza tra i due edifici, il cui distacco è stato disposto dalla variante di recupero con il parere favorevole della Soprintendenza.

La variante prevede «al piano terra, la traslazione della parete dell’ex convento parallelamente alla parete della chiesa, realizzando così un passaggio con un’ampiezza che va da 1,5 mt a 3 mt, al primo piano un distacco variabile partendo da 1,5 mt su Piazza Pergolesi, con un minimo di 30 cm dalla gronda della chiesa in mezzeria e fino a 1,65 mt verso la corte interna, aveva spiegato l’Amministrazione comunale.

Un distanziamento troppo ridotto e che non darà piena visibilità al bene architettonico, ha sottolineato il Comitato per la valorizzazione della chiesa, che dopo la delusione per l’epilogo della vicenda, ha pensato di scrivere la lettera aperta al priore dei Carmelitani.

«Nel corso del tempo – sottolinea la missiva – la chiesa di San Nicolò, il più antico monumento di arte medievale della città, ha attraversato tante vicissitudini, anche recenti, che rappresentano un esempio di come l’insipienza, la mancanza di rispetto per i segni del tempo e di amore per il luogo in cui si vive, possano impunemente danneggiare e offendere tradizioni, cultura, bellezza».

Massimo Belcecchi e Gabriele Fava

«La libera visione del pregevole complesso absidale è ancora oggi ostacolata da propaggini dell’ex convento delle Giuseppine, destinato ad appartamenti privati, che giungono a sfiorare la chiesa. Una insensatezza, per dirla con un eufemismo».

«In realtà Lei ha ancora in mano una carta da giocare: apra al pubblico San Niccolò,
Non sarebbe un atto consolatorio, ma il tangibile segno di un parziale riscatto da una barbara aggressione».

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