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JESI Teatri chiusi, Simone Guerro (Atgtp): «Momento difficile: serve unità»

Il direttore artistico  parla del mondo della cultura “congelato” dal Covid-19 e spera in una riflessione su bambini e adolescenti

JESI, 19 aprile 2020 – Dietro al più piccolo spettacolo teatrale c’è una micro-economia fatta di tante professionalità.

Ora che i teatri sono chiusi da settimane, per via dell’emergenza Covid-19 l’indotto è a rischio. Ma il teatro non è solo ciò, e quello che colpisce gli addetti del settore è la mancanza di una riflessione sul mondo della cultura in questo particolare momento.

Simone Guerro un babbo a natale

Simone Guerro

«La cultura è scomparsa dal dibattito e invece potrebbe essere un volano – spiega Simone Guerro direttore artistico dell’Atgtp –. Non parlo del lato economico, i 600 euro promessi sono arrivati, intendo una riflessione diversa, da operatore teatrale che lavora con spettacoli per i più piccoli mi chiedo: i bambini sono chiusi in casa da settimane, costa stanno percependo di tutto questo? Bambini e adolescenti come reagiranno? Manca un discorso sul loro futuro e sulla loro fragilità».

Come state vicini al vostro pubblico?

«L’Atgtp ha avviato degli appuntamenti quotidiani sulla pagina Facebook per tenere il filo con i nostri spettatori ma se i teatri rischiano di stare chiusi un anno non possiamo proseguire senza un progetto concreto. Occorre attivare una comunicazione sul web o pensare a delle aperture ridotte e poi questa situazione ci costringe a lavorare gratis. Ci abbiamo messo anni per far capire che non siamo hobbisti ma professionisti e adesso ci troviamo così».

Simone Guerro al centro

La tua non è una riflessione sul dopo ma sul presente. Cosa pensate di fare?

«La normalità è un dopo distante nel tempo, dobbiamo pensare al pria. Il mondo della cultura deve fare rete: abbiamo dimostrato di avere il grande cuore, più grande della pancia, stando vicino al nostro pubblico e ora prenderà il via una piattaforma internazionale che sostiene i free lance che fano cultura: chiederemo una sorta di abbonamento per sostenere il progetto. Riconvertiremo gli studi scenografici in televisivi chiedendo alla comunità che ci segue di aiutarci».

Il teatro senza la relazione però perde un aspetto fondamentale, direi primario.

«Il teatro esiste perché c’è vicinanza e richiede aggregazione: se torneremo alla normalità deve essere  tale e non una pseudonormalità. Questo momento ci costringe a pensare, a reinventarci, a fare ricerca: un settore che dovrà ripensarsi altrimenti scomparirà. Per questo penso che per andare avanti serva una mobilitazione, serva la vicinanza del pubblico ma anche una rete fatta di professionisti che continuino a portare avanti questo linguaggio».

Eleonora Dottori

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