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LAVORO Allarme paghe, 258 milioni di euro in meno

A causa della cassa integrazione nell’anno del Covid, la segretaria generale Uil Marche, Claudia Mazzucchelli: «Necessaria una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali»

ANCONA, 16 aprile 2021 – Nelle tasche dei lavoratori marchigiani mancano all’appello quasi 258 milioni di euro. È il conto salato che è stato sottratto in busta paga, al netto dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali, a causa della cassa integrazione nell’anno del Covid. Lo rivela un’analisi condotta dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio del sindacato Uil su dati Inps

Tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima c’è stato un vero e proprio salasso per le famiglie, diretta conseguenza delle oltre 128 mila ore di cassa integrazione autorizzate nelle Marche tra Cig ordinaria, in deroga, Fis e fondi bilaterali, con tagli mediamente dal 9,6% al 39%, a seconda delle ore di cassa integrazione. 

Il report Uil stima quasi 63mila lavoratori in cassa integrazione a zero ore. Per costoro la Uil ha stimato, ipotizzando un reddito lordo annuo di 20.980 euro, perdite di 1.611 euro l’anno per tre mesi di cassa integrazione3.229 euro per sei mesi, mentre con nove mesi di Cig la riduzione ammonterebbe a 4.898 euro netti annui. Infine, con dodici mesi la riduzione sarebbe pari a 6.611 euro annui.

«Il minor potere di acquisto delle famiglie – spiega la segretaria generale della Uil Marche, Claudia Mazzucchelli – non danneggia solo i lavoratori dipendenti ma ha ricadute negative su tutta l’economia, avere minore capacità di consumo significa incidere anche sulle attività commerciali, sulla ristorazione e sugli autonomi già fortemente provati dalla crisi economica innescata dalla pandemia. È evidente che auspichiamo la riapertura delle attività, in sicurezza, nel rispetto del bene primario che è la salute, ma è altrettanto necessaria, per far tornare a girare l’economia, una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali che preveda l’aumento dei massimali e la loro rivalutazione, ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua che, come noto, negli ultimi anni ha registrato indici molto vicini allo zero».

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