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SAN PAOLO DI JESI OGGI, 16 MARZO 1978

Ore 9 del mattino, via Fani: l’appuntato Domenico Ricci, il maresciallo Oreste Leonardi e gli agenti Rivera, Zizzi e Iozzino vengono trucidati da un commando delle Brigate Rosse

 

SAN PAOLO DI JESI, 16 marzo 2019 – Oggi, 16 marzo 1978. Esattamente 41 anni fa.  Alle 9 del mattino esce dalla sua abitazione romana di via Forte Trionfale 79 il presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro. Ad attenderlo ci sono due macchine, un’Alfetta bianca e una Fiat 130 blu. Al posto di guida dell’auto presidenziale siede l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, accanto il maresciallo dell’Arma, Oreste Leonardi.

L’appuntato Domenico Ricci, originario di San Paolo di Jesi, quel giorno era di riposo ma all’ultimo momento un collega gli chiese di sostituirlo e lui, come sempre disponibile, rinunciò alla giornata che aveva promesso di trascorrere con il figlio Giovanni. Il 16 marzo raggiunge il maresciallo Leonardi e insieme si dirigono all’abitazione del presidente della Democrazia cristiana. Nel frattempo arriva anche l’Alfetta con a bordo Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino.

Dopo poche centinaia di metri il piccolo corteo di macchine prende via Fani. Davanti alla macchina presidenziale si trova una Fiat 128 di colore bianco con targa diplomatica. Procede piano. Improvvisamente, all’incrocio fra via Fani e via Stresa, il conducente della 128 frena. L’appuntato Ricci, che è alla guida della Fiat 130, frena a sua volta, sterzando verso destra, nel tentativo di evitare di tamponare. L’auto presidenziale, però, è tamponata dall’Alfetta di scorta, che molto probabilmente viene chiusa posteriormente da un’altra vettura dei terroristi, in quella che tecnicamente viene definita mossa a “cancelletto” già usata dai brigatisti tedeschi in precedenti operazioni.

A quel punto il gruppo di fuoco delle Brigate Rosse sbuca da una siepe e inizia a crivellare di colpi le due auto. Quella pioggia di proiettili arriva a bersaglio: uccide l’appuntato Ricci, il maresciallo Leonardi e, sull’Alfetta, il vice brigadiere Zizzi e l’agente Rivera. L’agente Raffaele Iozzino, riesce a scendere dall’auto di servizio e dopo aver armato la pistola d’ordinanza, spara due colpi prima di essere ucciso.

Quella strage fu il primo atto del rapimento dell’esponente politico che si concluse dopo 55 giorni con il ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani.

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