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Serra San Quirico La famiglia Gennaretti – Fava “Giusta fra le Nazioni”

Una vicenda di coraggio e altruismo, di guerra e speranza, venuta a galla grazie alla minuziosa ricerca del pronipote Leonardo Fava

Serra San Quirico – Poco tempo fa sono venuto a conoscenza di un fatto per me incredibile ed emozionante. Una mia prozia, più precisamente la sorella del mio bisnonno Angelo Fava (1890-1956), di nome Maria Fava (1897-1970), è stata insignita insieme al marito Nazzareno Gennaretti (1890-1968) del titolo di “Giusto fra le Nazioni”: la più grande onorificenza data a coloro che durante l’olocausto hanno offerto aiuto agli ebrei perseguitati dal regime nazista, a rischio della propria vita. Data la mia gioia, non posso esimermi dal raccontare i tratti salienti di questa storia, ottenuti da alcune ricerche fatte nell’ultimo periodo. Perdonate la lunghezza, ma spero che tutto ciò possa emozionare anche voi.

L’Attestato di Benemerenza a Nazzareno Gennaretti e Maria Fava

I fatti sono avvenuti a Roma e intrecciano le vite di due famiglie: quella, appunto, dei Gennaretti-Fava (Maria e Nazzareno nascono nelle Marche a Serra San Quirico, ma nonostante le ricerche non sono in grado di indicare con certezza quando si trasferirono a Roma, forse al termine della Prima guerra mondiale) e quella dei Sermoneta-Ottolenghi, famiglia di origine ebraica composta (per quel che concerne questa storia) da Salvatore Sermoneta e la moglie Regina Ottolenghi, i tre figli Alberto, Renato, Giulia Sermoneta e lo zio Ermanno (fratello di Regina). 

Dopo l’8 settembre 1943 (con l’occupazione nazista di Roma) le condizioni degli ebrei peggiorarono drasticamente, tanto che la famiglia ebrea fu costretta a procurarsi dei documenti di identità falsi.

Il 16 ottobre 1943 (il “sabato nero” del ghetto di Roma in cui le SS effettuarono il più grande rastrellamento di ebrei italiani della Seconda guerra mondiale) Salvatore era uscito con i due figli Alberto e Renato, mentre a casa (quartiere Prati) vi erano Regina, la figlia Giulia e lo zio Ermanno. Regina fu contattata dal fratello di Salvatore, che aveva avuto notizia del rastrellamento in corso, ed esortò tutti a fuggire. Le SS, però, erano già entrate nel palazzo. Nonostante il portinaio con coraggio avesse negato che lì vi fosse ancora qualcuno, i nazisti tentarono di sfondare la porta della casa in cui vi erano Regina con Giulia ed Ermanno. 

Per evitare la cattura, i tre si gettarono dalla finestra (che affacciava su un cortile interno in cui lavorava un marmista). Lo zio Ermanno riuscì a fuggire. Regina, invece, nella caduta si ruppe un tallone, mentre la figlia Giulia si fratturò numerose vertebre e la mano sinistra. Il marmista, allora, le nascose nel suo negozio. Nel frattempo i figli Alberto e Renato riuscirono a nascondersi.

La mamma Regina e la figlia Giulia furono trasportate di notte in una clinica gestita da suore in Corso d’Italia, dove i dottori Sovena e Tancredi (amici di Salvatore Sermoneta) le fecero nascondere per offrire loro le cure necessarie. Vennero ingessate e rimasero nella clinica per 4 settimane. 

Una parte della famiglia Sermoneta-Ottolenghi

Fu allora che lo zio Ermanno (tramite l’ingegnere e amico Andreani), chiese aiuto alla famiglia Gennaretti-Fava, umili contadini mezzadri che abitavano in una casa di campagna presso la via Cassia. 

I Gennaretti-Fava accettarono, accogliendo la famiglia ebrea (Salvatore, Regina, i figli Alberto, Renato, Giulia e lo zio Ermanno) a casa, dove già abitavano con 6 figli, di cui il più grande, di nome Armando (cugino di mio nonno), si nascondeva per non essere arruolato nell’esercito della Repubblica di Salò (in quanto antifascista). Nonostante la povertà, offrirono quanto poterono e divisero con loro il cibo necessario a sopravvivere. 

Giulia Sermoneta ricorderà in seguito la fame sofferta, ma anche la benevolenza e gentilezza dei Gennaretti-Fava. Racconterà della Pasqua del 1943, quando Maria Fava le chiese di partecipare alla messa cattolica, dove avrebbe potuto comunque pregare il suo Dio, e lei andò. Racconterà anche della polenta che Maria preparava e stendeva su un tavolo di legno, da cui poi tutti mangiavano. Avevano così poco, ma diedero così tanto!

La famiglia Sermoneta-Ottolenghi rimase nascosta nella casa dei Gennaretti-Fava dal novembre 1943 fino alla Liberazione di Roma da parte degli Alleati, avvenuta il 4 giugno 1944.

Foto scattata durante il periodo in cui la famiglia Sermoneta-Ottolenghi era nascosta

Il 15 dicembre 2010, grazie alle richieste di Giulia Sermoneta, la Commissione per la designazione dei Giusti istituita dallo YadVashem ha conferito a Nazzareno Gennaretti e Maria Fava la medaglia dei Giusti fra le Nazioni, incidendo i loro nomi in una stele nel Giardino dei Giusti, a Gerusalemme.

Preso dall’entusiasmo ho fatto delle ricerche e con gioia ho trovato un discendente diretto della famiglia Sermoneta-Ottolenghi, Andrea Sermoneta, figlio di Alberto e nipote di Salvatore e Regina.

L’incontro tra Giulia Sermoneta e Armando Gennaretti (figlio di Nazzareno e Maria), nel 2012

Ci siamo incontrati a Roma per la prima volta lo scorso 2 settembre. Dopo 80 anni, i discendenti di due famiglie cui la storia ha fatto vivere questa incredibile esperienza si sono rincontrati. E credo che ciò renda onore anche alla loro memoria. 

L’incontro tra me e Andrea Sermoneta, figlio di Alberto e nipote di Salvatore

Un ringraziamento va ad Andrea, che mi ha accolto a casa sua con sincera commozione.

Leonardo Fava

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