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COVID-19 I 17 anni senza Carlo Urbani e il dramma di oggi dei medici in prima linea

Il ricordo di don Decio Cipolloni che celebrò il suo matrimonio: mai come in questi giorni l’esempio dell’infettivologo scomparso per via della Sars è adatto a raccontare la lotta di chi è impegnato contro il virus 

CASTELPLANIO, 29 marzo 2020Oggi ricorre il 17° anniversario dalla morte di Carlo Urbani, celebre medico e microbiologo di Castelplanio, scomparso in un ospedale di Bangkok per via di complicazioni legate alla Sars – polmonite atipica – , da lui stesso diagnosticata.

A lui è stato dedicato non solo l’ospedale di Jesi ma anche tante altre realtà sociali. Mai come in questi ultimi giorni il suo esempio è ancora vivo nella memoria di tutti, in particolare nell’operato di medici e personale sanitario impegnato in prima linea a combattere questa nuovo virus della Sars. Lo abbiamo ricordato anche attraverso le parole del sacerdote don Decio Cipolloni.

Chi era Carlo Urbani

Carlo UrbaniNato a Castelplanio il 19 ottobre 1956, si era specializzato in malattie infettive tropicali all’Università di Messina nel 1983 e dal 1985 è stato interno all’Istituto malattie infettive dell’Università di Ancona. Dal 1993 consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – Oms – per il controllo di malattie parassitarie. Era considerato uno dei massimi esperti mondiali di malattie parassitarie, pubblicando diversi studi e partecipando a numerosi progetti e conferenze internazionali.

Fra il 1996 e il 1997 coordinatore di un progetto di Medici Senza Frontiere sulle malattie parassitarie in Cambogia. Nel 1998 nominato vice-presidente nazionale della stessa organizzazione internazionale, per poi diventarne presidente l’anno successivo.

Quale membro del Consiglio Internazionale di Medici Senza Frontiere ha fatto parte della delegazione che ha ritirato nel 1999 il Premio Nobel per la pace. Nel 2002, a Monsano gli fu consegnato, a Villa Pianetti, il “Premio Vallesina”, alla prima edizione, per l’impegno medico dimostrato a tutto campo al fine di arginare le malattie parassitarie.

Nel 2003 ha scoperto e diagnosticato la Sars, rinunciando a tornare a casa dalla moglie e dai suoi figli per curare quante più persone possibili in Asia. Il terribile male, purtroppo, si è portato via anche lui nella giornata di 29 marzo 2003.

Carlo Urbani premiato a Villa Pianetti per il Premio Vallesina

Il ricordo di don Decio Cipolloni

Tra le tante testimonianze sulla sua figura, è particolarmente toccante quella di stamattina su facebook di mons. Decio Cipolloni, prelato cingolano che ha celebrato le nozze del medico con la moglie Giuliana nel 1983, ex assistente nazionale dell’Unitalsi ed ex vicario generale della Santa Casa di Loreto, ora confessore presso la Parrocchia di Santo Spirito in Sassia di Roma. 

«Carissimi Amici,
perdonatemi se torno ad importunarvi, ma oggi 29 marzo sullo scenario drammatico della pandemia, si affaccia luminosa la figura di Carlo Urbani medico infettivologo, che in un ospedale di Bangkok venne stroncato dalla Sars, polmonite atipica che lui stesso aveva diagnosticato. Era l’anno 2003.

A 17 anni dalla sua morte ci consegna il testamento della sua vita, affidato alla sua sposa Giuliana, mentre ne raccoglieva l’ultimo respiro: “Non dobbiamo essere egoisti. Io devo pensare agli altri. Tu lo sai”. Al sacerdote che lo avvicinò ricevendo il conforto del Signore disse che non aveva rimpianti, che dalla vita aveva avuto tutto, ma lo addolorava dover lasciare i figli. Testamento che la moglie ed i figli hanno fatto proprio in un impegno di vita consacrato sul versante della solidarietà, con lo sguardo verso le frontiere della povertà e delle sofferenze umane.

A me fu concesso di fare un tratto di strada insieme con lui, quando durante i suoi studi universitari gli bastò conoscere l’iniziativa delle vacanze estive per i disabili nella casa parrocchiale di Serra San Quirico, siamo nel 1976, per immergersi in essa con spirito di donazione, facendosi poi promotore della stessa esperienza nella sua Castelplanio. Emergevano le sue qualità di intelligenza, di semplicità, carico di ideali e di prospettive, avendo chiaro dentro di sé il senso della giustizia nella difesa dei deboli e dei poveri.

Le nostre strade si divisero fino a quando nel 1983 mi chiamò a benedire le sue nozze. Fu un momento di grande edificazione, vederli presentare al Signore la ricchezza del loro amore e dei loro sogni di bene.

Parlando in questi giorni per telefono con la sua sposa Giuliana (attuale presidentessa della Croce Rossa di Castelplanio, ndr), mi ha confidato: “Rivivo il dramma di quei giorni, mentre vorrei essere vicino ad ogni sposa, ad ogni figlio dei molti medici che hanno donato la vita come il mio Carlo”.

Carlo è appartenuto a molti, moltissimi, all’Organizzazione Mondiale della Salute, che ne ha riconosciuto l’altissimo valore scientifico ed umano. Si può collocare veramente tra i grandi: modello di uomo e medico pienamente impegnato su ogni versante. Sposo e padre capace di far vivere alla famiglia i suoi entusiasmi e le sue avventure umanitarie.

La sua morte oggi illumina quella dei moltissimi medici che come lui hanno donato la vita per salvarne altre. Sono certo che ad accoglierli in cielo il Signore abbia messo Carlo, perché insieme si facciano consolazione per le loro famiglie lacerate dal dolore e si impegnino insieme ad illuminare dall’alto la scienza medica per trovare il vaccino che distrugga l’iniquo e diabolico Virus».

L’impegno della famiglia in memoria del medico è riversato nella Associazione Italiana Carlo Urbani, attiva già dalle prime ore nella gestione dell’emergenza Covid-19 con una raccolta fondi destinati allacquisto di materiale sanitario per l’ospedale di Jesi.

Giacomo Grasselli

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