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Cupramontana

CUPRAMONTANA LE PROFONDE RADICI DELLE TRADIZIONI PASQUALI NELLA SETTIMANA SANTA

 

L'altare della chiesa di San Leonardo (foto Enrico Spinaci)

L’altare della chiesa di San Leonardo (foto Enrico Spinaci)

CUPRA MONTANA, 25 marzo 2016 –  Ieri (24 marzo) si è celebrato il Giovedì Santo. Celebrazione e tradizione molto sentita nelle nostre zone ed in particolare nel centro del paese. Puntualmente ed immancabilmente feste di questo tipo richiamano la tradizione portandosi dietro il codazzo dei ricordi più cari, quelli legati alla famiglia. Ricordo che in questo santo giorno erano celebrati I Sepolcri, in tutte le chiese, ed in ogni chiesa si effettuava la lavanda dei piedi in ricordo di quanto fece Gesù nell’ultima cena. Era motivo di orgoglio per noi ragazzi essere scelti per partecipare alla funzione nelle vesti di Apostoli, noi che eravamo teppistelli in miniatura. Alla fine della funzione religiosa delle 18,30 venivano legate le campane che avrebbero fatto risentire la loro voce gioiosa solamente alla giornata del sabato. La tradizione voleva che allo scioglimento delle campane i giovani si mettessero a correre all’impazzata in segno di gioia per la resurrezione di Nostro Signore liberato dai laccioli della morte. Si andava con il resto della famiglia in visita in tutte le chiese e, ricordo, si pregava in suffragio di Gesù.  Avevano un nome strano gli allestimenti delle chiese, erano detti in dialetto “i fiuritti” e gli altari si riempivano del grano bianco perché fatto germogliare all’oscuro nelle grotte e nelle cantine.

L'Orto degli Ulivi nella chiesa di San Lorenzo (foto Enrico Spinaci)

L’Orto degli Ulivi nella chiesa di San Lorenzo (foto Enrico Spinaci)

Oggi l’allestimento delle chiese è molto più sontuoso ed è invalsa l’abitudine di ornare le chiese con dei veri e propri orti degli ulivi; l’abitudine di usare come addobbo il grano germogliato al buio però è rimasta ed i collaboratori del prete si adoperano perché attorno alla rappresentazione dell’orto non manchino i vasi con i candidi germogli che fungono da candelieri. Noi ragazzi, in questo periodo pasquale eravamo particolarmente coinvolti sia perché era un periodo di vacanze sia perché la tavola di questi giorni era particolarmente ricca di novità , e non soltanto la tavola: curiosissimo era il sistema usato per sostituire le campane nel dare ai fedeli gli avvisi religiosi come ad esempio gli orari di inizio delle funzioni. Questi avvisi venivano dati usando uno strumento sonoro particolare chiamato battistangola che consisteva nel far batte una maniglia facendo ruotare a destra e a sinistra una tavoletta di legno all’inizio di ogni via del paese. Come strumento musicale era piuttosto primitivo ma otteneva l’effetto voluto e cioè quello di richiamare l’attenzione delle persone. Naturalmente toccava a noi ragazzi il compito di usare la battistangola e noi lo facevamo più che volentieri sia per la novità che per il periodo; eravamo infatti in vacanza e tutto serviva per sentirsi più vivi e partecipi del mondo quasi sconosciuto degli adulti. Il paese poi presentava un aspetto particolare: pulito più del solito, gerani ai davanzali e sulle vetrine dei negozi, in particolare spiccavano per l’insolito addobbo le vetrine dei beccai che esponevano gli agnellini infiocchettati di rosso, a contrasto con il candore della tenera carne. Rimaneva come sospesa nell’aria un’insolita atmosfera di attesa, un che di misterioso aleggiava creando un clima di attenzione mistica che pervadeva cose e persone: era la Santa Pasqua che veniva a sconvolgere la concreta realtà del quotidiano con i suoi misteri di morte e resurrezione.

La tradizionale visita pasquale a San Leonardo (foto Enrico Spinaci)

La tradizionale visita pasquale a San Leonardo (foto Enrico Spinaci)

Stasera (25 marzo) si celebrerà il Venerdì Santo. Giorno atteso con ansia, con mestizia e con un certo timore da noi ragazzi; sapevamo infatti che era il giorno della morte di Nostro Signore Gesù. Tutti i presagi funesti dei giorni precedenti si concretizzavano nelle celebrazioni del Venerdì Santo; si allestiva a gloria di Nostro Signore ed a vanto del nostro paese la processione del Cristo Morto che eravamo abituati a contemplare disteso nel suo sonno eterno nell’altare di sinistra della chiesa di San Leonardo.

La sacra rappresentazione vedeva coinvolti tantissimi personaggi: dal sacrestano ai membri delle congregazioni religiose del paese, ognuna con il suo compito specifico, dal preparare il baldacchino che avrebbe ospitato il corpo martoriato di Gesù, all’organizzazione del corteo funebre composto dalle sue figure principali della Vergine Addolorata seguita dai simboli del martirio: la colonna della fustigazione di Nostro Signore, la corona di spine, i chiodi, il martello la scala, il gallo a vergogna di Pietro , l’orecchio mozzato dalla spada, il telo della Veronica con impresso il volto di Cristo a parlare di un atto d’amore e di pietà, il mantello scarlatto della beffarda tunica ed a chiusura della rappresentazione, immensa, la croce.

Ricordo di questo pomeriggio strano l’aria di attesa e la mestizia che pervadeva le persone nonostante lo scambiarsi reciproco di auguri per una Santa Pasqua felice, me ne chiedevo la ragione ma trovavo solamente risposte evasive anche da parte degli adulti presi tutti dai problemi quotidiani. Intanto calava la sera e con essa la processione si arricchiva di personaggi truci, spaventosi e sinistri: erano gli incappucciati, individui che calzavano un cappuccio nero con due feritoie a posto degli occhi che guastavano in maniera sinistra la gente in generale e me in particolare.(per lo meno questa era la mia impressione!) essi, vestiti con un saio pure nero seguivano l’enorme croce tenuta in equilibrio con l’aiuto di corde onde evitare il pericolo di caduta addosso al mesto corteo. Quando il corteo, con tanto di banda che dava il meglio di se intonando musiche funebri, arrivava in chiesa per un ultimo tributo a Gesù Cristo morto, c’era un’ultima usanza da rispettare: la gente faceva ressa per accaparrarsi un pezzo della fettuccia di cotone che era servita ad assicurare il corpo di Gesù al baldacchino attribuendo a questa particolari virtù taumaturgiche.

Il catafalco del Cristo Morto a Cupra Montana

Il catafalco del Cristo Morto a Cupra Montana

Domani (26 marzo) sarà il Sabato  Santo. Si scioglievano le campane tacitate per onorare il lutto di Cristo Morto, e noi ragazzi partecipavamo a questo momento gioioso con delle corse sfrenate per le vie del paese. Era il nostro modo di gioire per la Resurrezione di Nostro Signore ed eravamo certi di non essere rimproverati per la nostra esuberanza. Raccoglievamo i pingiovi (muscari) che bolliti assieme alle uova conferivano specie a quelle bianche un bel colore azzurrognolo o violaceo. Con queste uova il giorno successivo ci saremmo sfidati a scoccetta, un gioco per noi appassionante perché ci permetteva di saziarci delle ghiottissime uova sode. Se eravamo stati pigri nel fare i compiti per le vacanze, questo era il giorno di rimettersi in pari con la scuola.

Domenica di Pasqua (27 marzo). Finalmente una giornata tutta dedicata alla festa, senza limiti e proibizioni, ad eccezione del cattivo tempo che poteva condizionare i nostri comportamenti. Si mangiava in tutte le case l’agnello pasquale, quello appeso infiocchettato ai ganci del macellaio, si consumava la pizza di formaggio cotta nel forno del paese, inebriante col suo profumo. Si mangiava anche la ciambella di Pasqua, glassata e piena di perline multicolori. Molti divertimenti erano per lo più legati all’alimentazione ed i premi per le gare spesso consistevano in prodotti alimentari. Gare di ruzzola con forme di pecorino secco erano concluse con il cascioperale quando le forme di formaggio incappavano in qualche sasso e nei termini delle strade e schizzavano in aria in mille pezzi per la gioia di noi bambini che seguivamo interessati la competizione. Le gare di Quarantotto o di Scoccetta erano sovente concluse con l’assegnazione di premi in natura: galli, agnelli, uova, forme di formaggio etc. Certamente era un altro mondo che concepiva un modo diverso di divertirsi da quello di oggi, più semplice ed ingenuo ma anche più sincero ed in linea con la festa che si celebrava, festa di pace e d’amore!

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