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Cronaca

Fabriano Acquaroli visita casa rifugio della comunità Papa Giovanni XXIII

«La visita di un governatore in una casa dove vivono le donne più invisibili della società assume un grande significato»

Fabriano, 30 luglio 2022Don Aldo Buonaiuto, fondatore della testata online Interris.it e sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi, racconta la visita del presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, alla casa rifugio delle “Donne crocifisse”. La drammatica testimonianza di una giovane donna salvata dal racket della prostituzione coatta.  

Don Aldo Buonaiuto racconta l’incontro con Acquaroli

«Quando arriva in questa casa delle “donne crocifisse” una personalità delle istituzioni lo leggo sempre come un dono permesso dal Signore. È certo, forse scontato, che un sacerdote creda che ogni incontro è voluto dall’Alto o come diceva il Servo di Dio don Oreste Benzi il fondatore della comunità Giovanni XXIII a cui appartengo “il Signore aveva sempre pensato a questo incontro, sapeva che ci dovevamo incontrare attraverso quell’intelligenza d’amore che sa far bene tutte le cose”. E così, la vigilia del 30 luglio, per la Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani, ha bussato nella casa rifugio per le vittime della tratta il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli».

«La visita di un governatore in una casa dove vivono le donne più invisibili della società a cui è stata calpestata la dignità, a cui è stata tolta anche la voglia di sopravvivere, assume un grande significato, specialmente se è proprio un uomo, un politico, il responsabile di un governo regionale, a rendersi conto, a vedere e ascoltare l’orrore che delle giovanissime donne hanno dovuto subire. Il Presidente ha visitato il centro appena ristrutturato e ampliato grazie ad una importante donazione fatta direttamente da Papa Francesco».

«E come Papa Francesco, dopo aver incontrato le vittime della tratta in una nostra comunità a Roma, aveva definito il mercimonio coatto un “vizio schifoso” così il governatore delle Marche ha scandito che la prostituzione “non dovrebbe esistere in alcuna forma”. E così come nella prefazione del mio libro “Donne crocifisse” Papa Francesco aveva rinnovato la richiesta di perdono alle schiave del racket a nome di tutti i cristiani, allo stesso modo Acquaroli ha ascoltato le testimonianze delle giovani ospiti che hanno descritto le torture subite da parte degli aguzzini e dei cosiddetti clienti che fomentano questo mercato vergognoso».

«Profonda è stata la commozione e grande l’attenzione del presidente al quale ho espresso il mio personale auspicio che su scala globale abbia luogo un “mea culpa” condiviso che unisca i popoli, le classi dirigenti, i governanti dei Paesi di provenienza, transito e destinazione della tratta. Da parte sua il Presidente della Regione Marche ha espresso la sua sincera vicinanza, rinnovando tutta la disponibilità come istituzione a compiere quanto possa servire per combattere il fenomeno della prostituzione coatta fortemente presente anche sulla costa marchigiana lungo le strade del mercimonio coatto».

«Nel ringraziare il governatore ho auspicato che la Regione possa collaborare sempre più attivamente per una crescente opera di formazione sul tema della tratta, di educazione sentimentale delle nuove generazioni secondo l’ispirazione matura e consapevole in base alla quale l’amore si merita, non si pretende con la violenza o le pressioni psicologiche, né tantomeno si acquista. Ne deriva la centralità della trasmissione valoriale nelle scuole e in tutte le agenzie educative di un modello culturale e valoriale improntato al rispetto e alla responsabilità».

«Nel sottolineare il meritevole impegno delle Prefetture e delle Forze dell’Ordine mobilitate tenere a alta la guardia, ho auspicato al tempo stesso rafforzarsi sempre più il capillare contrasto alle forme vecchie e nuove di racket quanto mai aggressive sulle nostre strade, nei locali e negli angoli bui della nostra cattiva coscienza collettiva e individuale. Nessuno potrà più dire di avere le mani pulite finché qualcuno continuerà a degradare in bancomat umani le più fragili e indifese delle creature, e cioè quelle “donne crocifisse” che don Oreste chiamava con affetto “le nostre sorelline” ».

«Come ci insegnano costantemente il Vangelo e il magistero pontificio, non c’è peccato tanto vergognoso da escluderci dalla fratellanza umana. Ogni atto, persino quello più ignobile come trafficare la carne dei nostri simili, può incorrere nella misericordia divina in presenza di un ravvedimento, di un’autentica richiesta di perdono e di un risarcimento del male fatto per impedire che alla ferita si aggiunga l’ingiustizia. La richiesta di perdono non è solo un gesto sacramentale di riparazione dell’anima ma anche un segnale comunitario di un cambiamento di rotta che faccia mutare prospettiva e criteri di valutazione all’intera società, perché nessuno è veramente al sicuro fino a quando coetanee delle nostre figlie e nipoti vengono mercanteggiate sui marciapiedi, nei locali e in rete».

Poi la testimonianza di una donna vittima della tratta, ascoltata ha toccato il cuore di tutti i presenti all’incontro.

(Redazione)

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