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IL CASO Amazon, occasione subita più che governata

Una realtà economica come quella della multinazionale necessitava di un confronto di alto profilo e di un interlocutore forte del consenso condiviso della città e del territorio

Marche in gramaglie e Jesi in lutto per il “quasi “ sfumato insediamento dell’Hub Amazon negli spazi dell’ Interporto. È stato raccontato come la manna dal cielo, migliaia di posti di lavoro, un acceleratore di investimenti per tutta la Vallesina, la fine dell’agonia di un’infrastruttura come l’Interporto generatrice di deficit e di delusioni.

Il balletto dei vertici regionali è sconsolante, le dichiarazioni delle opposizioni puerili, i lamenti delle istituzioni locali a cominciare da quelli del Sindaco di Jesi, patetici. Forse servirebbe fare un po’ di chiarezza a cominciare da un giudizio sul mancato sviluppo dell’Interporto che dopo oltre trent’ anni e dopo una nascita che ha interessato più le pagine giudiziarie che quelle economiche, resta una cattedrale senza clero e senza fedeli, mai supportata da una legislazione regionale capace di guardare al complessivo sistema del trasporto merci e quindi mettere al centro le potenzialità di questa struttura.

La possibilità Amazon nasceva da questo fallimento. Tuttavia questa occasione nata da una avversità è stata subita più che governata, molti si dice, nessun tavolo capace di coinvolgere il territorio, una trattativa opaca, segnata dal “particulare” di tanti, il Cda di Interporto, che si sentiva Ghino di Tacco, la Giunta regionale che tra l’olimpica indifferenza e incontri informali (mai una comunicazione pubblica, mai una conferenza con le istituzioni territoriali, mai il coinvolgimento del Consiglio regionale) evitava di metterci faccia e responsabilità, il Comune di Jesi che invece di coinvolgere la città ha gestito la vicenda come fosse una trattativa da commercialisti.

Al contrario, una realtà economica come Amazon necessitava di un confronto di alto profilo e di un interlocutore forte del consenso condiviso della città e del territorio. Intanto, perché se le ipotesi occupazionali (in queste ore nella mitomania di certi politici cresciute a dismisura) erano di quella portata, purtuttavia questa multinazionale è nota per una gestione molto disinvolta delle relazioni con i lavoratori, al limite delle leggi e ritenute paradigma dello sfruttamento precario, il che avrebbe suggerito il produrre la richiesta di una fidejussione etica, oltre che immaginare e risolvere un possibile incremento demografico che richiede risposte in immobili e servizi.

Pure, un’attività come un hub che produce importanti problematiche alla viabilità e alla qualità dell’ ambiente richiedeva la conoscenza dei numeri, la scelta di nuove infrastrutture, gli oneri per realizzarle. Invece di tutto questo, fino a ieri, poca trasparenza e molta ammuina.

Forse è stato proprio questo provincialismo, il piccolo cabotaggio, il cappello in mano o la ricerca di miseri vantaggi che Giunta, società Interporto, Comune di Jesi hanno mostrato, a far ritenere alla società (Scannel) incaricata da Amazon di realizzare l’impianto, di poter agire come ha agito, con la prepotenza “dei padroni delle ferriere”.

Anche vicende amare come questa hanno però la possibilità di regalare un sorriso, in questo caso l’intervista di tal Casoli, quello, dicono, che voleva delocalizzare in Polonia, pronto ad assumersi tutte le responsabilità , non è chiaro a quale titolo, perché non è stato capace di trasmettere il suo messaggio di fiducia verso le Marche.

Partito della Rifondazione Comunista

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