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Cronaca

Jesi A scuola con il metodo finlandese

Adottato anche all’Ic Lorenzo Lotto il nuovo tipo d’insegnamento attivo in 12 classi, partito dalle Marche, oggi in 100 istituti d’Italia

di Tiziana Fenucci

Jesi, 27 dicembre 2022 – Inizia proprio dalle Marche la sperimentazione nelle scuole del modello organizzativo finlandese, il Mof, che è partita dall’istituto Della Rovere di Urbania, contagiando anche la città di Jesi: dal 2020 è attivo presso l’Istituto comprensivo Lorenzo Lotto, per poi coinvolgere tanti altri istituti d’Italia, circa 100 ad oggi.

Un metodo di insegnamento innovativo che ha conquistato gli insegnanti degli istituti aderenti alla sperimentazione, che spesso si adoperano oltre l’orario di lavoro per fare formazione e condividere l’esperienza in classe con i colleghi.

Nell’Ic Lorenzo Lotto la formazione degli insegnanti sul metodo finlandese è iniziata nel 2019 ed è stata applicata in classe nell’anno scolastico successivo, il 2020-2021.

«Trattandosi di una sperimentazione – dice la dirigente scolastica Sabrina Valentini – la collaborazione tra insegnanti e il confronto sui risultati raggiunti è fondamentale per trasmettere il senso di collaborazione anche agli studenti e soprattutto per individuare le criticità dell’approccio, le cose che non funzionano, e indirizzarsi verso nuove soluzioni».

Attualmente all’Istituto comprensivo sono 12 le classi che hanno aderito al Mof: 3 alla primaria Mestica e 9 alla secondaria di primo grado Borsellino.

«I genitori sono protagonisti nella scelta del sistema scolastico, sono loro che scelgono nella preiscrizione se aderire al Mof o al metodo tradizionale. Per ora il metodo finlandese sembra aver riscosso successo, anche se come in tutte le sperimentazioni ci sono criticità da affrontare che richiedono la grande collaborazione degli insegnanti. Ma è un metodo che arricchisce l’insegnamento di tutto l’istituto e che ci offre preziosi spunti didattici da applicare anche nell’indirizzo tradizionale».

Caratteristiche del nuovo metodo di apprendimento sono l’accorpamento delle discipline, non più di due al giorno, la cooperazione tra i ragazzi, tramite tavoli di lavoro, la riduzione del tempo dedicato alla lezione frontale del metodo tradizionale a favore del coinvolgimento attivo dello studente che è chiamato subito a entrare nella fase operativa, mediante esercizi in tavoli di lavoro o laboratori pratici.

La possibilità di approfondire la materia abbinata all’esperienza pratica e alla ciclicità delle discipline, permette di acquisire una conoscenza migliore della materia e di stimolare la memoria a lungo termine.

«Il coinvolgimento nei lavori di gruppo serve a stimolare l’autonomia e lo spirito critico dei ragazzi che imparano a fare da soli, misurando le loro abilità, imparando anche ad auto -valutarsi nel lavoro svolto. Un grande lavoro di responsabilizzazione e crescita di competenze», spiega la vice preside Sara Palmolella.

«Il miglioramento dell’organizzazione didattica è finalizzato a garantire il successo formativo dello studente – sottolinea Cinzia Bambini, insegnante e referente Funzione strumentale sperimentale e del Mof -, soprattutto perché oggi rispetto al passato le classi sono sempre più eterogenee e abbiamo l’esigenza di arrivare a coinvolgere tutti, anche coloro che hanno bisogno di un approccio diverso per apprendere».

Questo metodo punta proprio a valorizzare nel ragazzo le risorse individuali e a trovare nelle diversità con gli altri la propria ricchezza individuale e come membro del gruppo di lavoro. La lezione è partecipata: nei tavoli di lavoro i ragazzi sono chiamati a trovare ognuno la propria soluzione al problema. Il lavoro di gruppo stimola alla partecipazione attiva e il metodo di insegnamento punta alla interdisciplinarietà che permette ai ragazzi di acquisire una visione d’insieme sugli apprendimenti.

Fondamentale è anche il feedback degli stessi studenti sul metodo e il confronto costante con gli insegnanti per capire cosa migliorare.

«Anche il ruolo dell’insegnante prevede un cambiamento di approccio – spiega Chiara Berta, insegnante e referente Mof per il Mestica – non conduce più la lezione ma si fa da parte per osservare le azioni dei ragazzi, dopo aver dato loro gli strumenti per organizzare il lavoro. Quindi forniamo gli strumenti per apprendere a imparare poi gli alunni sono protagonisti».

La stessa valutazione dello studente non si basa sulle votazioni prese nelle verifiche ma va di pari passo con l’osservazione del progresso in una disciplina e nell’insieme.

Altro aspetto a migliorare, con il lavoro di cooperazione, è l’ambito relazionale e la risoluzione dei conflitti individuali e tra i compagni.

«L’obiettivo della scuola è quello del benessere dello studente che non sta solo nell’insegnamento in sè, ma parte prima di tutto dal benessere emotivo e relazionale. – afferma la dirigente -. Aspetti su cui lavoriamo molto perché se il ragazzo è contento di andare a scuola apprenderà sicuramente meglio».

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