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JESI Donne e sport: fra vuoti normativi e pregiudizi

La conferenza online organizzata da Fidapa con Ugo Coltorti, Annalisa Coltorti e Luca Marchegiani: «Siamo indietro rispetto ad altri Paesi europei»

JESI, 26 marzo 2021Le donne e lo sport: un sogno sempre realizzabile? Questo il tema della conferenza online che si è tenuta ieri sera su iniziativa della Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni e affari). Mediato dal giornalista e Onafifetto Giovanni Filosa, l’incontro ha visto ospiti nomi come Luca Marchegiani, commentatore Sky, Annalisa Coltorti, preparatrice atletica della nazionale di fioretto e Ugo Coltorti, assessore allo sport di Jesi.

Giovanni Filosa

Ha aperto la discussione Gianfranca Schiavoni (foto in primo piano), presidente pro tempore Fidapa Jesi, che ha ricordato come Jesi abbia raggiunto l’eccellenza in tantissimi sport, e come quindi sia un ambiente particolarmente stimolante per le riflessioni sul tema.

«Lo scopo è quello di raggiungere una società più equa – ha sottolineato Sandra Boldrini, presidente del Distretto Centro Fidapa –. “Donne e sport” è un terreno scivoloso quanto a parità di genere, perchè campo saturo di discriminazione». Presente anche la past president Patrizia Bonciani.

Luca Marchegiani

«Nessuna federazione sportiva, ancora, ha aperto il professionismo alle donne – ha fatto notare Luca Marchegiani, in collegamento da Roma, dove vive –. Il calcio, per la stagione 2022-2023 proverà a farlo: è un passo importante che mi auguro verrà emulato anche da altre federazioni. Siamo indietro rispetto ad altri Paesi in Europa, lo vedo anche nella difficoltà delle ragazzine ad approcciarsi al calcio».

Quella della sottile distinzione fra professionismo e dilettantismo, in effetti, è problematica trasversale

Tocca tutti i generi, ma colpisce con più forza le donne. A chiarire questo punto Luisa Rizzitelli, giornalista e presidente Assist (Associazione Nazionale Atlete).

Luisa Rizzitelli

«Nessuna donna ha la possibilità di accedere alle leggi, e quindi alle tutele, relative al professionismo sportivo: è una delle più grandi discriminazioni nel nostro Paese in questo campo. Pensate alle campionesse olimpiche jesine: per lo stato italiano non sono professioniste. Non si può chiamare dilettante un Valentino Rossi, o un giocatore di basket in A2, né un’atleta donna che faccia sport ogni giorno per tutto il giorno».

«L’escamotage che è stato trovato è quello dell’adesione ai gruppi sportivi delle forze armate. Ma non è pensabile che sia normale militarizzare tutto lo sport d’élite, espediente che peraltro pesa tanto sulle casse dello Stato. È vero, i diritti fondamentali costano e lo Stato dovrebbe supportare le associazioni sportive, ma che queste, soprattutto le più prestigiose, non possano permettersi di pagare i diritti e le forme di tutela verso le sue atlete è solo un alibi».

Questo vuoto normativo colpisce in particolare le donne nel loro diritto a essere madri: si veda il caso di Lara Lugli, giocatrice di pallavolo che si è vista rescindere il contratto dalla Volley Pordenone per una gravidanza, addirittura citata per danni dalla società.

Una questione che ha fatto comprensibilmente scandalizzare il New York Times, El Paìs, il Guardian

I diritti fondamentali sono diritti inviolabili, per questo servono contratti adeguati. A tutela delle donne, perché si tratta anche e soprattutto di una questione di genere, ma per una riforma complessiva dell’organizzazione del lavoro che inevitabilmente tocca anche gli uomini.

Luisa Rizzitelli ha fatto quindi chiarezza anche sulle famigerate quote rosa.

«A nessuna donna piacciono, ma sono temporanee soluzioni atte a rimuovere più velocemente ed efficacemente possibile gli ostacoli di cui parla l’articolo 3 della Costituzione. Le donne ci sono, in ogni campo: bisogna solo fare in modo che vengano coinvolte e che ci sia più rappresentanza anche a livello dirigenziale».

Annalisa Coltorti

Più ottimista la visione di Annalisa Coltorti. «Per me il sogno si è avverato. Ho avuto la fortuna di nascere a Jesi, il club di scherma più titolato al mondo. Nella scherma la discriminazione non c’è né a livello di atleti né di tecnici, siamo considerati alla pari sia a livello economico sia di prestigio. È vero, quando nel 2008 sono entrata nella nazionale di fioretto maschile e femminile ho dovuto sgomitare, c’era diffidenza da parte degli atleti, tutti gli altri preparatori erano uomini».

Tante donne per emergere nello sport – e non solo – hanno dovuto lottare e sacrificarsi, faticando più dei colleghi uomini, a parità di capacità

Lo ha sottolineato Ugo Coltorti, assessore dal 2012 ed ex calciatore professionista.

«Penso ad Alfonsina Strada e Ondina Valla: tante cose sono cambiate da allora, ma tante ancora ne dovranno cambiare. Sono orgoglioso di essere jesino e di rappresentare la mia città: l’85% degli atleti qui sono donne».

Ugo Coltorti

«Dobbiamo normalizzare” la parità nello sport, creare possibilità sin da piccoli, diversificare le attività motorie alle primarie: così potremo vedere una bambina con le scarpette da calcio, un bambino che fa nuoto sincronizzato o ginnastica artistica, e così via».

Moris Gasparri

«Lo sport da sempre lotta contro i pregiudizi: un tempo c’erano pregiudizi medici, gli sport di contatto erano (e in parte sono ancora) visti come poco femminili – ha detto Moris Gasparri, giornalista e consigliere Figc femminile –. Si pensava anche che gli sport femminili fossero meno spettacolari di quelli maschili: le donne non potevano neanche partecipare alle prime Olimpiadi. Perciò oggi lo sport al femminile significa anche attivismo».

Elisa Ortolani

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